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Spettacolare “Norma” al Teatro Greco di Taormina

Lun, Set 10, 2012

Primo Piano, Spettacolo

L’opera di Bellini gratifica Enrico Castiglione e porta in gloria Daniela Schillaci

 di Pino Pesce, dal periodico l’Alba

Casta Diva che inargenti/ Queste sacre antiche piante,/ A noi volgi il bel sembiante,/ Senza nube e senza vel!

Versi retorici per l’orecchio d’oggi ma eternamente sublimi per il cuore di sempre; così come sempre sublimi ed eterne resteranno le note musicali del Cigno catanese che hanno rivestito d’ineffabile melodia e vibrante pathos le parole del librettista Felice Romani. Un riuscito abbraccio, quindi, di parole e musica.

Ho ascoltato, per la prima volta dal vivo, Norma l’ultimo 10 luglio al Teatro Antico di Taormina. C’era già stata la prima l’8, inizialmente (per riferito dire e aperta cronaca) contestata e poi ripetutamente acclamata fino alla grande ovazione finale.

Il pubblico s’aspettava la celebre Daniela Dessì nel ruolo di Norma, ma, per sue indisposizioni dell’ultimo momento, il regista Enrico Castiglione l’ha dovuta sostituire con un’altra Daniela: la siciliana Schillaci. Apriti cielo, allora! Ma tutto è poi rientrato, in tranquilla pace, con le prime note di «Sediziose voci, voci di guerra»  del soprano siciliano che ha retto bene la scena con il suo bel canto risoluto e sicuro, il quale ha, subito dopo, entusiasmato gli increduli con “Casta Diva”, la famosa cavatina per la quale Fromental Halévy avrebbe ceduto tutta la sua musica! Quindi la sfida al pubblico che affronta con controllata emozione come un artista neoclassico. Il risultato: una vera e propria rivelazione: purezza della voce in controllata emissione sia nei suoni mascherati che aperti; un fraseggiare fino a gorgheggi (prima e dopo «Tempra, o Diva,») da lasciare l’ascoltatore in stordita estasi. E immancabilmente uno scrosciare di lunghi applausi ripagatori. La prova del fuoco, Daniela ormai l’ha superata e ogni cosa scivolerà bene: dalle riuscite interpretazioni di tutto il cast all’austera coreografia, dalla bravura del Coro alla maestria dell’Orchestra: questi ultimi firmati Francesco Costa, maestro del “Coro Lirico Sicilano”, e Giuliano Carella, bacchetta dell’”Orchestra Nazionale dei Conservatori di Musica”. Suggestivo il disegno di luci di Lorenzo Tropea. E su tutto s’aggira l’adamantino Enrico Castiglione, regista/sceneggiatore; ormai, provato dominus del Teatro Greco di Taormina.

Daniela ormai padroneggia la scena fino al’ultimo momento quando, come Norma, va sul rogo per riscattarsi e riscattare: sé, sacerdotessa, per aver violato il voto di castità, il suo uomo infedele e il suo popolo (in senso morale), i Galli druidici, dal giogo romano.

La storia di Felice Romani si muove nel periodo della dominazione romana nelle Gallie ed ha un antefatto: la sacerdotessa veggente Norma, figlia di Oroveso (Enrico Giuseppe Iori), capo dei Druidi, ha avuto una storia segreta con il proconsole romano Pollione (Gregory Kunde), dal quale ha avuto due figli che vivono nascosti in segrete mura allevati dalla devota Clotilde (Maria Motta).

E’ notte, nella foresta sacra, i Druidi, guidati dal loro capo, si preparano al rito della verbena lustrale e del sacro vischio in onore della luna, simbolo del cielo deificato, e del dio Irminsul perché le loro terre si liberino subito del piede romano. Nello stesso momento, Pollione confida all’amico Flavio (Massimiliano Chiarolla) il suo nuovo amore per la novizia Adalgisa (Geraldine Chauvet) che aveva corrisposto all’amore del romano ignara della sua infedeltà a Norma. 

Durante il rito, la sacerdotessa legge nei «volumi arcani» del cielo la caduta dell’Impero romano: «In pagine di morte/ Della superba Roma è scritto il nome». Ma Norma, per proteggere la sua delicata condizione, allontana il suo popolo dalla guerra imminente a Roma: «Ella un giorno morrà,/ ma non per voi.» Ma cambierà idea quando saprà dell’inganno di Pollione; non solo vuole affrettare la guerra ma pensa ad un crudele e terribile atto: vuole uccidere i figli per non renderli schiavi dei romani e per far dannatamente soffrire Pollione. Non compie però il folle gesto. Intanto Pollione, colpevole di aver profanato il recinto delle sacerdotesse,.viene preso prigioniero. Portato davanti ad Oroveso, Norma vuole colpirlo a morte con un pugnale; desiste: vuole che il proconsole ritorni a lei, ma Pollione è fermo nell’amore verso Adalgisa. Pensa, quindi, la sacerdotessa di condannare la sua ancella alle fiamme, ma poi esita: sarà lei, dopo aver affidato i figli al padre e a Clodilde a salire sul rogo, seguita da Pollione che scopre nella sacerdotessa quanto l’aveva amato: «Il tuo rogo, o Norma, è il mio!/ Là più santo/ Incomincia eterno Amor!».

Una vicenda intensamente drammatica con un epilogo di amore infelice e morte consacrati dal sacro fuoco, energia che rigenera e purifica. Ma questo epilogo di catartico riscatto, che riequilibra il rapporto natura-uomo-divino, è stato reso possibile dal cambiamento di rotta dal tema dell’infanticidio nella tragedia euripidea Medea, ripreso musicalmente dall’eccellente Cherubini e trasferito in Norma, ossia L’infanticidio di Alexandre Soumet, dramma cui si sono rivolti, innalzandone poesia e musica, il librettista e il compositore di Norma. La sacerdotessa, che aveva maturato l’uccisione dei figli come atto di suprema e disperata vendetta verso chi l’aveva respinta come amante, infatti, retrocede colpita dal rimorso di madre e spegne le sue «furie ardenti»: «Ah! No! Son miei figli!» e «(Li abbraccia piangendo amaramente.)». E parole e musica sempre in alto struggimento nello strazio di Norma, figlia e madre, che si rivolge al padre: «Deh non volerli vittime/ Del mio fatale errore!/ Deh non troncar sul fior/ Quell’innocente età.»

Gli avvenimenti ben s’intonano con il Romanticismo del tempo che recupera, per le atmosfere notturne e misteriche di primitiva origine, aspetti ormai demodé dell’Ossianesimo di fine Ottocento ma che ben si amalgamano nel tessuto poetico dando vigore alla fantasia musicale di Bellini che, sempre in demodé (ma per la musica non tanto) si riporta agli accenti travolgenti dello Sturm und Drang: Ricordiamoci che siamo ancora nell’era di Goethe. Ma è anche il tema patriottico, pur se Roma non è certo un emblema positivo, a dare forza e centralità allo sviluppo della tragedia. Teniamo anche presente che, in Italia principalmente, Romanticismo era sinonimo di Risorgimento; per cui poco importa se nella trasfigurazione artistica siano i Galli a risorgere per liberarsi dall’oppressione romana. E’ il principio quello che conta.

E tutto, in parole e note, gira attorno alla sacra pietra sacrificale che ha ispirato, complici le rovine del Teatro Antico di Taormina, la scenografia a Castiglione, il quale ha riprodotto le pietre di Stonehenge, dolmen preistorici di Salisbury che ben si accordano con «le influenze astronomiche», le quali esaltano «un momento magico, senza tempo» cui si armonizzano i costumi primiivo/archetipici di Sonia Cammarata che ben stilizza il vestimento romano di Pollione richiamando il tempo della storia ma nello stesso tempo astraendosene.

E poi, eccetto il parterre mondano dell’8 luglio, fatuo contorno!, tant’altro ci sarebbe da dire. Di quest’altro, in inno alle «egregie cose» diventate molto rare, mi piace, a chiusura, volgere i riflettori del palco verso la coppia di amici Pollione e Flavio, i quali riportano alla mente il tema dell’amicizia caro a tanta virtuosa letteratura: da Omero (Achille e Patroclo) all’Ariosto (Cloridano e Medoro) passando per Virgilio (Eurialo e Niso).

        

chiacchiere con Daniela Schillaci

 

Sbalorditivo debutto, in somma gloria, quello nella veste di Norma al Teatro greco di Taormina. Ha fatto subito ricredere, con le prime note del suo bel canto, i recalcitranti che, l’8 luglio, avevano contestato l’assenza di Daniela Dessì. Ha avuto molto coraggio e fermezza  nell’affrontare il pubblico che rivendicava la sua beniamina.

« Per me sostituire la signora Dessì è stato un grande onore, ma anche un gravoso onere; mi trovavo a dover soddisfare le necessità del pubblico, debuttando il ruolo con una sola prova! Ma come dice qualche mio collega, io sono avvezza a tutto questo; l’anno scorso ho sostituito, sempre a Taormina, la collega che interpretava Aida, quando la generale era appena incominciata, ed io mi apprestavo a godere dello spettacolo in veste di spettatrice. Quindi il mio coraggio è sempre stato messo a dura prova. Il consenso del pubblico, in questo, è stato la mia più grande soddisfazione.»

 Provo anche ad immaginare la preoccupazione di Enrico Castiglione che l’aveva risolutamente voluta! Riguardo all’ interpretazione di Aida, mi è capitato di sentirla anche l’anno scorso al Teatro Antico di Taormina: è stata eccellente.

«Grazie per Aida. Io posso dirle che ho visto Enrico estremamente tranquillo,  naturalmente dispiaciuto per la signora, e per l’improvvisa indisposizione, ma molto sereno nella sostituzione; ormai mi conosce.»

Aveva già interpretato in Norma il ruolo di Adalgisa. Qual differenza c’è fra i due personaggi?

«Adalgisa sicuramente è un personaggio morbido sia dal punto di vista psicologico che vocale, donna assolutamente votata al sacrificio. Norma, personaggio assolutamente più complesso, di mutevole umore, donna che si è abbandonata al sentimento, e che lo ha messo prima del dovere. Sono certa che adesso che lascerò riposare, e metabolizzerò il ruolo, avverrà una maturazione inconscia che mi porterà, la prossima volta che lo affronterò, a trovare una chiave di lettura molto più profonda; il debutto è sempre il debutto.»

Certo “il debutto è sempre il debutto”. Ma quali le difficoltà, in particolare, ad interpretare un personaggio così  statuario della lirica internazionale?

«Sicuramente il peso maggiore è stato quello di cantare Norma a casa mia. Norma è sempre stato è sarà sempre uno scoglio per tutti, il fatto che sia un ruolo molto lungo, e con momenti molto diversi e contrastanti, mette il fisico sotto sforzo. Come ho detto poco fa, la maturazione del personaggio è una cosa che avviene nel tempo durante le varie produzioni e le varie recite. Difficoltà tante sicuramente.»

 Non conoscevo a fondo Bellini di Norma; mi è parso di scorgervi l’emulazione del Grande Beethoven e le sbirciate musicali di Verdi. Avrebbe immaginato il musicista di  Busseto l’Aida e il Nabucco per come li ha creati, senza l’estro geniale del nostro Cigno?

«Assolutamente! Bellini è stato uno dei compositori più innovativi, e Norma in particolare è una delle opere che si pone ad un livello superiore; credo che chi ha composto opere dopo Bellini lo ha sicuramente preso ad esempio, carpendone le intuizioni e sviluppandole.»

Due domande in una: “Come ha scoperto di avere il bel dono del canto e quali sono stati i suoi primi passi?” 

«Ho scoperto di poter pensare di studiare canto quando frequentavo un coro polifonico: lo “Sturm und drang”! a Paternò con la direzione del maestro Salvatore Coniglio ottimo artista e cara persona (nonostante mi chiamasse sempre “malutempu”). Lì ho conosciuto la mia prima insegnante di canto che mi ha dato le prime basi e mi ha aiutata a superare l’esame di ammissione al liceo musicale di ct, all’interno del quale ho studiato per poco… visto che comunque il percorso era davvero lungo per i miei tempi di resistenza… ho mollato e sono andata a studiare con Piera Puglisi alla quale devo onestamente tantissimo. E’ grazie a lei che oggi canto!»

 Sempre due in una: “Ha preferenze specifiche come compositori e modelli particolari come soprani?”

 «Io amo la musica… tutta… nasco come pianista e amo tutti i compositori ognuno dei quali ha lasciato grandi tesori! Poi se devo dire quali sono più “comodi” per la mia vocalità… direi Mozart, Bellini (Norma)… non ho cantato tantissimo del nostro meraviglioso compositore, Verdi (Traviata, Aida, Trovatore, Ernani… !!!!) e Puccini (Suor Angelica, Turandot, Madama Butterfly e Bohème…).

Mio esempio Mirella Freni sopra tutte!!!! poi amo in maniera viscerale Aprile Millo!!!

Norma a Taormina si è appena conclusa e la diretta mondiale mi ha dato una certa visibilità che ha destato tantissima curiosità soprattutto dopo il cambio di repertorio (prima soprano lirico-leggero).
Ci sono cose che si stanno concretizzando e cose che sono ancora in embrione… comunque è stata un’esperienza che mi ha regalato tanto, che mi ha messa alla prova, che mi ha dato soddisfazioni e che sono certa avrà una certa risonanza lavorativa.»

 Quali palchi all’ orizzonte?

«Traviata a Catania a dicembre, Don Giovanni (Donna Elvira) a Torino, e parecchi altri lavori in sospeso in Italia, che per scaramanzia evito di dire, concerti di gala ad Ekaterinburg, Mosca e San Pietroburgo, concerto di Natale a Mosca con l’orchestra di stato, Turandot (Liù) al Bolshoi; ecco, questi, alcuni dei miei prossimi impegni.».

Grazie ed auguri!

   

Pino Pesce

Già docente di Materie Letterarie negli Istituti Superiori di II grado, si occupa di iniziative che promuovono l’arte e la cultura e/o che riguardano tematiche di forte valenza sociale. Si è anche occupato della divulgazione attraverso giornali vari del folclore, della tradizione e della storia della Sicilia e in particolare di Motta, di cui (come Assessore alla Cultura pro tempore) ha realizzato il volumetto Motta Sant’Anastasia, Guida alla città (Le Nove Muse Editrice,1999).
Dal 1995 al 2000, si è attivamente impegnato nel Rione “Panzera” del paese natale (rinomato in Italia e all’Estero per il gruppo degli Sbandieratori, pluricampioni d’Italia), di cui è stato Presidente dell’Associazione Culturale dall’aprile del 1995 all’aprile del 1998.
Nel 1997 (in occasione della “Festa Grande” in onore della Patrona Anastasia) ha scritto Trapasso di Sant’Anastasia, una sacra rappresentazione negli anni riproposta anche in occasione delle “Feste Medievali”, interpretata e diretta anche da nomi nazionali. Dal 2014 si è dedicato al teatro con interessanti e coinvolgenti rielaborazioni teatrali di cui ne ha curato anche la regia che hanno riscosso un rilevante successo, come “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello e “Rosa Balistreri – A memoria di una Voce”.
Ha curato la presentazione di autori del mondo dell’Arte e della Letteratura e di video documentari a sfondo culturale e sociale, curandone il testo e la regia, che gli hanno procurato (avendoli proposti per le Scuole Medie Superiori) riconoscimenti anche dal Ministero della Pubblica Istruzione.
il professore, collaboratore di quotate riviste culturali: Biologia Culturale, diretta da Gino Raya (uno dei maggiori filosofi e letterati del Novecento, ricordato di recente dal Corriere della sera, dove Pesce veniva annoverato fra i suoi discepoli) ) e Netum, diretta da Biagio Jacono, ha negli ultimi anni, diretto La Svolta, periodico d’informazione e di cultura, e l’Alba, mensile cartaceo d’arte cultura e società, attualmente giornale on line.

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