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“Malarazza” al Cortile Platamone di Catania

Lun, Ago 18, 2014

Primo Piano, Spettacolo

Mario Incudine, Kaballà, Tony Canto in concerto

Tre cantanti siciliani, dopo aver calpestato, in buona gloria, i palchi dell’Italia continentale, come i nostri benamati paladini dell’arte dei pupi, scendono in campo in quello catanese del Cortile Platamone, la sera dell’appena trascorso 22 luglio, per celebrare Domenico Modugno; quello “siciliano” però, il quale si era ritagliato una fulgente leggenda, apripista di un’altra luminosa carreggiata, oltre “volare”, che il tempo non dissolve!

Dico di tre nomi sonanti della canzone isolana di respiro nazionale: Mario Incudine, Kaballà e Tony Canto. Dai tre, quindi, un omaggio alla nostra Terra e al Grande Pugliese con Malarazza, lo spettacolo ideato su una canzone di Modugno, la quale il cantautore aveva messo in pentagramma rimaneggiando abilmente una poesia popolare di autore anonimo che Lionardo Vigo, intellettuale acese, aveva inserito nei suoi Canti popolari siciliani(1857), poi Raccolta amplissima (1870-1874); e quindi il repertorio di marchio siciliano.

Malarazza, dal popolare ritornello, è rimasta più impressa nell’orecchio e anche nel cuore di spiriti indomiti che mal hanno sopportato e sopportano l’autorità padronale: «Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!». Questo messaggio forte aveva lanciato da Termini Imerese Mario Incudine, nel settembre 2013, in occasione del “Termini Folk Festival”, dove non ci si voleva arrendere alla crisi e alla “schiavitù del lavoro salariato”; per cui si gridava: «Operai liberiamoci dalla “malarazza” dei padroni. Non lamentiamoci ma lottiamo». Buona chiave di lettura per un canto sociale e di riscossa che avrei visto come centralità nel concerto catanese. perché è questo lo spirito di Malarazza: dall’Anonimo a Modugno.

Ha ragione quindi il mio amico Ciccio (Francesco) Giuffrida che vuole dare più efficacia al ritornello di Modugno, poi eseguito da tanti bravi artisti: Ginevra Di Marco, Carmen Consoli, Ray Paci, Mario Venuti, I Lautari; perché nella prima stesura un servo prega Cristo per sottrarlo alle umiliazioni del padrone e quindi lo pregava perché annientasse codesta mala razza (ce ne sarà poi una seconda, dove Vigo ne annacqua lo spirito di rivolta sottostando al dettato inquisitoriale della Chiesa allineata ai padroni e all’antiebraismo dell’Ottocento); quindi avrei gradito lo spirito, a Catania, del Ci ragiono e canto di Dario Fo; per cui ne condivido anche la sottolineatura di Ciccio: «il lamento del servo davanti al Cristo trova una collocazione di grande rilievo […] Dario Fo inserisce dopo ogni endecasillabo della risposta del Cristo un impetuoso susitivi (alzatevi, sollevatevi); e affida a una voce solista i versi della risposta e a tutto il coro l’intercalare susitivi. L’effetto è davvero molto efficace e tende a potenziare l’aspetto sociale e collettivo della ribellione a scapito di quello individuale». Il punto forte, cardine del messaggio che avrebbe dovuto far passare il concerto di Catania, lo chiarisco con la riflessione sempre di Giuffrida usata a proposito degli altri interpreti già citati: «Hanno adottato per il loro repertorio l’esecuzione più apparentemente battagliera e “rivoluzionaria”, capace di trascinare le folle dei concerti con un’orecchiabilità che fa passare in secondo piano il contenuto e ogni possibile riflessione critica. Che  –  se ci pensiamo bene  –  è la prima vittima di questo tipo di raduni in cui il saltare, il ritmare, l’agitarsi insieme, rappresentano il triste sostituto di quello che tutti noi dovremmo ricercare per capire quello che ci succede intorno: ragionare assieme».

Poi nel concerto lasciamoci tutto: U pisci spadaAmara terra miaTre briganti e tre somari, anche La Donna riccia e L’uomo in Frak, un po’ di colore genuino non guasta! Nel blu dipinto di blu no, era fuori posto; infatti non c’è stata. Bravi tutti i concertisti. A fianco dei 3 cantautori, ecco gli altri eccellenti musicisti: Antonio Vasta (fisarmonica, organetto, e zampogna a paru, Antonio Putzu (fiati), Pino Ricosta (basso), Manfredi Tumminello (chitarra acustica), Salvo Compagno (percussioni).

Pino Pesce

Già docente di Materie Letterarie negli Istituti Superiori di II grado, si occupa di iniziative che promuovono l’arte e la cultura e/o che riguardano tematiche di forte valenza sociale. Si è anche occupato della divulgazione attraverso giornali vari del folclore, della tradizione e della storia della Sicilia e in particolare di Motta, di cui (come Assessore alla Cultura pro tempore) ha realizzato il volumetto Motta Sant’Anastasia, Guida alla città (Le Nove Muse Editrice,1999).
Dal 1995 al 2000, si è attivamente impegnato nel Rione “Panzera” del paese natale (rinomato in Italia e all’Estero per il gruppo degli Sbandieratori, pluricampioni d’Italia), di cui è stato Presidente dell’Associazione Culturale dall’aprile del 1995 all’aprile del 1998.
Nel 1997 (in occasione della “Festa Grande” in onore della Patrona Anastasia) ha scritto Trapasso di Sant’Anastasia, una sacra rappresentazione negli anni riproposta anche in occasione delle “Feste Medievali”, interpretata e diretta anche da nomi nazionali. Dal 2014 si è dedicato al teatro con interessanti e coinvolgenti rielaborazioni teatrali di cui ne ha curato anche la regia che hanno riscosso un rilevante successo, come “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello e “Rosa Balistreri – A memoria di una Voce”.
Ha curato la presentazione di autori del mondo dell’Arte e della Letteratura e di video documentari a sfondo culturale e sociale, curandone il testo e la regia, che gli hanno procurato (avendoli proposti per le Scuole Medie Superiori) riconoscimenti anche dal Ministero della Pubblica Istruzione.
il professore, collaboratore di quotate riviste culturali: Biologia Culturale, diretta da Gino Raya (uno dei maggiori filosofi e letterati del Novecento, ricordato di recente dal Corriere della sera, dove Pesce veniva annoverato fra i suoi discepoli) ) e Netum, diretta da Biagio Jacono, ha negli ultimi anni, diretto La Svolta, periodico d’informazione e di cultura, e l’Alba, mensile cartaceo d’arte cultura e società, attualmente giornale on line.

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