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“Dov’è Franz Kafka? Marienbad-Praga •1977•2012•” di Francesco Lusciano

Gio, Nov 13, 2014

Cultura

Un romanzo “rosa-giallo” incentrato sulla forte passione del protagonista per una donna

Il libro Dov’è Franz Kafka? Marienbad-Praga •1977•2012• di Francesco Lusciano (La Versiliana, Fucecchio, 2013, pp. 272, € 6), in copertina definito romanzo, in realtà è nell’insieme un romanzo “rosa-giallo”, un saggio letterario sullo scrittore Kafka, un saggio politico sul comunismo sovietico, una guida turistica di Praga. Come dichiara l’autore stesso — impegnato in vari cenacoli culturali, già docente di scienze umane e storia e assessore alla cultura di Chioggia (VE), città in cui risiede — nel libro ci sono riflessi autobiografici: sicché autore e protagonista si confondono nella narrazione in prima persona pronominale-verbale.

Un militante veneziano del Partito Comunista Italiano, ammiratore di Franz Kafka, nel 1977 si reca in gita a Marienbad e Praga sulle tracce di questo scrittore, che però — in qualsiasi posto dallo stesso scrittore frequentato o descritto nelle sue opere e puntualmente visitato dal protagonista — nessuno ha mai visto, nessuno conosce, nessuno ricorda, tranne i dissidenti del regime, dato che la memoria di lui è stata rimossa dal “socialismo reale” e nessuna targa o lapide a lui dedicata si trova. Girando per la Cecoslovacchia egli nota piacevolmente che c’è una grande conoscenza e ammirazione per l’Italia: la musica italiana è gradita, la cantante Mina è preferita e Dante con la sua Divina Commedia è di casa. Egli cerca anche di recuperare le carte inedite dello scrittore ebreo e trasferirle clandestinamente in Italia, per poi valorizzarle e cercare di recare aiuto ai dissidenti cecoslovacchi; ma l’occhiuta e orecchiuta polizia politica, sguinzagliata un po’ dappertutto, provvede ad eliminare con un “suicidio di Stato” le due donne che le conservavano in una soffitta e a fare sparire tali carte, mentre la madre dell’occasionale amante del protagonista viene strangolata non si sa da chi.

Però, dopo la caduta del muro si Berlino e quella dei regimi comunisti dell’Europa Centro-Orientale, la situazione è notevolmente cambiata. Nel successivo viaggio a Praga del 2012 il protagonista nota che tutto è cambiato: l’aeroporto è intitolato al presidente Havel e Franz Kafka è in auge. Tutti lo conoscono, e addirittura esistono delle guide turistiche per itinerari kafkiani, mentre ci sono piazze, musei, librerie, targhe, lapidi e monumenti che ricordano questo scrittore, la cui immagine è dappertutto: in scatole di fiammiferi, borse, tovaglie, scarpe, materiale scolastico; e al cimitero una freccia indica la tomba dello scrittore, alla quale nell’anniversario della morte si raduna una grande folla. Ora Praga s’identifica con Franz Kafka, onnipresente nella sua città, e di lui si fa un uso commerciale: cosa che il protagonista biasima.

Per quanto riguarda il romanzo “rosa-giallo”, questo s’incentra sulla forte passione del protagonista per una donna locale, di cui condivide le idee politiche e che lo aiuta ad entrare negli ambienti dei dissidenti del regime cecoslovacco, fra cui Václav Havel, che poi diventa presidente della Repubblica Ceca. In questa relazione il protagonista si rivela un focoso amante latino, che fa promesse da marinaio, con profferte da amore eterno, e invece dopo la fine della gita dimentica tutto. Dopo il suo divorzio, avvenuto nel 1992, egli passa da una compagna all’altra, senza pensare alla donna abbandonata in Cecoslovacchia; e dopo 35 anni ha l’ardire di tornare a Praga con una compagna diversa e d’andare con questa a cercare la sua amante d’allora: la quale — a quanto spiegato dalla nipote che l’assiste — dopo aver atteso per tanti anni quel “marinaio” veneziano che l’aveva fortemente illusa, nel frattempo ha avuto un ictus che l’ha paralizzata e resa inebetita e incosciente. A questo punto il protagonista, dopo il batticuore per l’ansia di rivedere la donna che tanto tempo fa gli aveva dato corpo e anima, per la prima volta avverte un senso di colpa per il comportamento non certo leale tenuto con lei.

Se questo è l’aspetto “rosa” del romanzo, quello “giallo” si coglie nelle strane morti di tre donne e nella sparizione d’un giovane, che, dopo le inconcludenti indagini della polizia comunista, soltanto alla fine del libro si chiariscono per espresso interessamento del presidente Havel, di cui fa un rapporto l’ex amante del protagonista in una lunga lettera a lui indirizzata e lasciata a sua nipote.

Per quanto riguarda il saggio letterario kafkiano, l’autore dimostra una vera predilezione per questo scrittore, di cui presenta un florilegio di pensieri e descrizioni, vera e propria antologia kafkiana, per la maggior parte tratta dai Diari. Ma oltre a ciò egli qua e là analizza o riassume con citazioni sparse molte opere kafkiane, particolarmente le principali, notandone l’originalità e le implicite caratteristiche. Di Franz Kafka egli mette in rilievo le tristi esperienze personali che gli causarono quello stato d’angoscia che ne caratterizzò la vita e le opere: fra queste non trascura il difficile rapporto col padre-padrone e la difficoltà di sposarsi. Nel contempo egli rileva la serenità che coglieva lo scrittore di fronte alla bellezza della natura, ad esempio in un bosco, o all’affetto delle donne amate: Felice, Julie, Milena, Dora. E c’è un passo del libro in cui egli ben espone i motivi della damnatio memoriae di questo scrittore: il regime comunista non voleva comprenderlo e onorarlo, “perché la propaganda non accetta la dimensione dell’angoscia, della infelicità, del dubbio, del tormento, della disperazione” (p. 169).

Per quanto riguarda il saggio politico sulla Cecoslovacchia, premesso che egli si dichiara ammiratore di Lenin e disprezzatore di Stalin e dei suoi scherani, il protagonista fa un’accurata disamina del comunismo sovietico, mettendone in rilievo le degenerazioni che hanno portato a vere e proprie tirannidi negli Stati soggetti, con abolizione delle più elementari libertà, come ad esempio quella di poter liberamente compiere viaggi all’estero e quella di poter fare alloggiare turisti stranieri nelle proprie case. Molti sono i cittadini arrestati, torturati, ricoverati forzatamente in manicomi o fatti sparire a causa del loro dissenso ideologico; e — se docenti — esonerati dall’insegnamento. L’autore usa parole forti nei confronti di quel regime: “prevaricazioni, prepotenza, arroganza, violenza psicologica… l’arbitrio, l’illegalità, il sopruso, il dispotismo” (p. 154). Forse non s’è visto mai un altro comunista italiano usare parole così forti ed esplicite per condannare la dittatura sovietica.

L’autore quindi esalta le rivolte popolari e i martiri (Palach e tanti altri), dei quali indica gli elevati numeri per categoria, condannando fermamente i pesanti interventi repressivi dell’Armata Rossa. E al riguardo cita il rapporto di Luigi Longo, segretario del PCI al comitato centrale del partito in data 27.8.1968, con cui si deplora l’intervento repressivo a Praga: una linea ribadita nel 1969 dai dirigenti comunisti italiani, che già tendevano all’eurocomunismo. Questo saggio politico continua analizzando le diverse condizioni dopo la “rivoluzione di velluto” con la pacifica divisione fra Ceca e Slovacchia anche se l’autore non può non rilevare gli aspetti negativi della raggiunta libertà, con il sopraggiungere di mali di stampo occidentale come disoccupazione, consumismo, corruzione, delinquenza, mafia, droga, ecc.

Infine, per quanto riguarda la guida turistica, mettendosi sulle tracce di Franz Kafka e girando per Praga, l’autore presenta i luoghi caratteristici della città, quali la piazza S. Venceslao, il ponte di Carlo IV, la piazza dell’orologio con la statua di Giovanni Hus, alcune chiese e altri edifici, l’isola di Kampa, il castello e il Vicolo d’Oro, quartieri come Malá Strana, Staré Mesto e Nové Mesto, i cimiteri ebraici. In varie occasioni egli inserisce delle note storiche, come nel caso della defenestrazione di Praga del 1618 che portò alla Guerra dei Trent’anni (p. 196). E se da un lato ammira la parte antica della città — bellissima bomboniera barocca — dall’altra egli non può non rilevare la bruttura delle periferie, caratterizzate da enormi palazzi o casermoni di colore scuro (costruiti dal regime comunista e abitati da operai o piccoli impiegati), che incupiscono l’aria e l’animo. In questo modo egli suscita nostalgia in quanti hanno già visitato Praga e stimola a visitarla quanti non l’hanno ancora visitata.

Il libro si conclude con una ricca documentazione sul travaglio politico della Cecoslovacchia e con un prezioso album fotografico di quelle vicende storiche.

Come si vede, esso è avvincente per vari motivi: e se ne consiglia la lettura, specialmente alle giovani generazioni, anche se le pagine erotiche stonano per “fellatio”, “coito simbiotico” e particolari nauseanti quali l’imbrattatura delle lenzuola.

La forma grafico-editoriale è all’insegna dell’essenzialità, e nel testo sono numerosi i refusi, sviste ed errori veri e propri di vario tipo.

Carmelo Ciccia

Carmelo Ciccia

Nato a Paternò, dopo la laurea in lettere a Catania e un periodo d’assistentato universitario e d’insegnamento liceale in quest’ultima città, si è trasferito nel Veneto, dove è stato docente e preside, per molti anni nel liceo classico di Conegliano (TV), città in cui risiede e in cui svolge varie attività culturali. Ha pubblicato una ventina di libri e una quarantina di opuscoli ed estratti, anche in latino, quasi tutti di saggistica e di critica letteraria, principalmente su Dante, ma anche su altri scrittori. Collabora a numerosi giornali e riviste con articoli e recensioni (oltre un migliaio quelli finora pubblicati) ed ha ottenuto vari riconoscimenti, fra cui alcuni primi premi, premi della cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte, concessa dal Presidente della Repubblica, e la medaglia d’oro della città di Conegliano, concessa dal sindaco. Nel 2005 è stato invitato al Quirinale dal presidente Ciampi.

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