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Il valore pedagogico della tradizione dei cantastorie

Sab, Nov 4, 2017

Spettacolo

Chiacchierata con Luigi Di Pino

Artista poliedrico e versatile, Luigi Di Pino vanta esperienze in campo figurativo, teatrale, poetico e musicale. Compositore e autore di centinaia di brani del repertorio della musica popolare siciliana, Di Pino si riconosce nella sua più matura espressione artistica nella figura del cantastorie. Della sua esperienza in giro per la penisola, del suo ultimo lavoro Buccuzza d’oru e del BELTEMPO TOUR 2017 e del valore pedagogico della tradizione dei cantastorie Luigi Di Pino ha raccontato alle pagine de l’Alba.

In tempi di globalizzazione imperante la musica popolare sembra più viva che mai considerando il tuo intenso lavoro. Cosa tiene in vita un genere musicale e artistico strettamente legato al territorio in un’epoca in cui i confini sono sempre più labili?

 E’ proprio la globalizzazione imperante a creare la forza contrapposta. L’identità si sente minacciata e fortifica le proprie radici. La modernità porta con sé innovazione ma nell’uomo c’è un istintivo e naturale bisogno di comunicare penetrando gli occhi, osservando le espressioni facciali ed i gesti,  avendo ascolto per il tono della voce. La tv non offre la possibilità di replica, diversamente dal racconto di un cantastorie. Nel corso dello spettacolo si interagisce con il pubblico. Io formulo domande, chiedo al pubblico di esprimere il proprio parere su una determinata questione, richiedo azioni specifiche come battere le mani o cantare un determinato motivetto. Il pubblico ne esce coinvolto e lo spettacolo raggiunge il suo obiettivo.

L’arte dei cantastorie (da Nino Busacca a Orazio Strano) è un vero e proprio patrimonio artistico e culturale, in che modo può rivestire anche un ruolo pedagogico-educativo, come sembra raccontare la tua esperienza con “La casa dei Cantastorie” di Paternò?

Personalmente credo che la fetta maggiore dell’intera comunicazione attuale sia un po’ carente di valori onesti e genuini. Si preferisce l’apparire all’essere, la superficialità alla profondità, la velocità alla lentezza. La figura del cantastorie vuole rendere testimonianza ad un mondo ove tutto era un po’ più “umano”. Prima dell’orario flessibile e dell’avvento della tv, in famiglia si parlava, ci si confrontava. Il pranzo e la cena erano un momento “necessario” di aggregazione. Le storie del secolo scorso sono dense di valori oggi in crisi: l’onestà, la coerenza alla parola data, la fedeltà nell’amore. La storia, visivamente rappresentata, è un potentissimo veicolo di valori: i proverbi sono il condensato di secoli di esperienza umana e sono spesso visivi, gli insegnamenti sono spesso trasmessi dalle storie. Anche le parabole di Cristo non erano altro che storie. Sicuramente un potente mezzo pedagogico-educativo, a patto ovviamente di riuscire a coinvolgere i bimbi, oltre che con la forza dell’argomento, anche con mille altri trucchetti che solo gli addetti ai lavori conoscono e hanno fatto propri.     

Mi parli un po’ di Buccuzza d’oru il tuo nuovo spettacolo e del  BELTEMPO TOUR 2017?

Buccuzza d’oru è uno spettacolo coinvolgente che ha in repertorio dolcissimi canti d’amore (mattutine e serenate) nonché canzoni della tradizione siciliana che vengono eseguite con la partecipazione attiva del pubblico. Quest’ultimo viene spesso invitato a battere le mani, a cantare un ritornello o a ripetere delle frasi simpatiche. La grande particolarità è costituita da duetti e minuetti cantati, declamati e recitati da me e dai cantattori Gianfilippo Tomaselli ed Elisa Caudullo. Il momento musicale vero e proprio è affidato alle percussioni di Ninni Simonelli, al basso di Rosario Tomarchio e alla fisarmonica di Marco Crisafulli detto “mano di seta”.

Dopo tanta tournée il 7 ottobre si torna in Sicilia per il “FESTIVAL DEI FESTIVAL CANTASTORIE” A PATERNÒ. C’è differenza tra il pubblico siciliano e quello “trapiantato” al Nord?

 Sicuramente c’è grande differenza tra il pubblico che vive in Sicilia e quello “trapiantato” al Nord. La differenza principale consiste nella “lontananza”. Ascoltare la lingua siciliana fuori dalla Sicilia scuote emozioni particolari. Nostalgia e senso di appartenenza risultano amplificati e l’intera atmosfera in cui l’arte si muove risulta diversa.

Laura Timpanaro

 

 

 

 

Laura Timpanaro

Laureata in Lettere moderne, dal 2007 ha iniziato a scrivere per diverse testate locali, free press cartacee e telematiche, occupandosi principalmente di cultura e spettacoli e di cronaca locale. Ha collaborato anche con l’emittente televisiva “Video Star”. Appassionata di teatro, sia lirico che di prosa, adora in particolare il teatro contemporaneo. Si è specializzata in Filologia Moderna a marzo del 2012 discutendo una tesi su l’“Amleto” di Carmelo Bene. Segue molto anche il cinema: i suoi registi preferiti sono Kubrick, Fellini ed Almodovar. Altre sue passioni sono il fitness e i viaggi.

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