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“Il flauto magico” al Teatro Massimo “Bellini” di Catania

Dom, Gen 27, 2019

Spettacolo, Teatro

LA POTENZA DELLA MUSICA COME VIATICO NELL’OSCURA NOTTE DELLA MORTE

Al Bellini di Catania il 20 gennaio è andata in scena la prima dell’opera di W. A. Mozart Il flauto magico che inaugura la nuova stagione lirica.

L’opera – 2 atti su libretto di E. Schikanader – diretta dal maestro Gelmetti, con la regia, le scene i costumi di Pierre Luigi Pizzi, è stata applauditissima, sia per la bravura dei cantanti protagonisti che per la rigorosa ed equilibratissima direzione del maestro.

Accostiamoci adesso all’opera a partire dal plot per poi capire meglio il significato profondo e simbolico degli elementi che la costituiscono.

L’azione si svolge in un immaginario antico Egitto: il Gran sacerdote della dea Iside, Sarastro, tiene nel proprio palazzo Pamina, figlia della Regina della notte, per sottrarla alla sua malvagia influenza, facendola custodire dal moro Monostatos; la regina, persuade il giovane principe Tamino, smarritosi nel suo reame durante una battuta di caccia, a liberare la figlia; al principe viene dato un flauto magico che gli sarà d’aiuto nella sua missione e per compagno Papageno, un curioso uccellatore, munito a sua volta di un carillon fatato.

Quando Tamino apprende che Sarastro non è il crudele mago che gli hanno fatto credere, bensì il Gran sacerdote del tempio della Saggezza e che il genio del male è la regina, volentieri si sottomette alle prove necessarie per essere ammesso al Sacro Collegio e poter liberare la principessa Pamina.

I due giovani, grazie al flauto, passano indenni le prove del silenzio, del fuoco e dell’acqua; i raggi del sole dissolvono le tenebre ed illuminano il cammino verso la felicità della coppia, mentre tutti si uniscono nella preghiera ad Iside ed Osiride.

Nell’edizione etnea i personaggi si muovono in una foresta trasformata in immensa biblioteca e Tamino è una sorta di Faust nel suo studio tappezzato di libri.

Ridotta all’essenziale dal regista Pizzi, che ne cura anche le scene e i costumi dopo numerosi allestimenti in altri teatri d’Italia, l’opera approda, in collaborazione col direttore Gelmetti, al Bellini di Catania.

Trattandosi di una fiaba universale, fuori dal tempo, la storia è rappresentata in abiti moderni: per Pamina e Tamino rigorosamente bianchi tali da far pensare ai protagonisti del film Il giardino dei Finzi Contini.

Tamino che viene rappresentato come un novello Faust, curioso e sempre alla ricerca della conoscenza, si imbatte in un serpente, mandato dalle tre dame, che altro non è che un pretesto per prendersi il merito di averlo ucciso. Durante la scena, le dame si comportano con lui in maniera aggressiva con manifestazioni di tipo erotico; quando si sveglia dallo svenimento, Tamino deve fare i conti con personaggi che non appartengono al suo mondo, a cominciare da Papageno – né uomo né uccello – che rappresenta la parte volgare ed animalesca dell’uomo dotato, però, di sentimenti elementari ed istintivi .

Una volta entrati nel tempio, Tamino e Papageno, assisteranno ad un rituale massonico, con la volontà di inculcare l’idea del bene come valore da conquistare.

Nota interessante è come la fiaba sia collocata ai tempi di Istagram, in quanto l’immagine di Pamina arriva a Tamino su un i-phone; bisogna inoltre mettere in risalto il ruolo della regina della notte – il soprano Eleonora Bellocci – soprano di coloratura, che raggiunge livelli stratosferici di bravura nella sua interpretazione e quello di Sarastro – il basso Karl Huml – , ieratico ed aristocratico Gran sacerdote del tempio.

Quest’opera, allegorica ed enigmatica, offre una pluralità di piani e chiavi di lettura: dalla semplicità disarmate della fiaba, dove si fronteggiano il bene e il male, sino all’intrigo di significati simbolici più o meno oscuri, riservati ad una cerchia di iniziati appartenenti alla massoneria, delle cui idee l’opera è sostanziata.

Mozart costruisce l’opera, ricca di violenti contrasti, su un racconto magico che include indovinelli, scherzi, giochi, e che pretende al tempo stesso di rappresentare un cammino iniziatico con ingenue cerimonie e rituali; forse in nessun altro dei suoi lavori possiamo apprezzare una compresenza di motivi e stili differenti come nel flauto magico.

A cosa mira Il flauto magico? Dove vuole portare quest’opera misteriosa che è simultaneamente semplice e complessa, che contiene musica popolare ed accessibile e nelle stesso tempo saggia ed elaborata? Come nei migliori romanzi gialli, la risposta si trova sotto gli occhi di tutti; il significato di questa musica composta dal più grande musicista mai esistito, in fin di vita, è reso esplicito dagli stessi personaggi: Pamina e Tamino nel secondo atto, prima di affrontare le prove iniziatiche, per far fronte a tali sfide che implicano il rischio della loro stessa vita, non possono contare su nessun’altra arma e protezione che l’amore che essi provano l’un per l’altro ed un flauto: «  camminiamo grazie alla potenza della musica attraverso l’oscura notte della morte», questo è il vero e definitivo senso di un’opera creata da un uomo, un musicista che si stava avvicinando alla propria ora fatale; e forse questo è anche il senso ultimo di tutta l’opera di W. A. Mozart.

Può una musica aspirare ad un fine più nobile di quello di dare consolazione, di liberare dall’angoscia e di aiutarci, grazie al suo immenso potere ad attraversare lieti l’oscura notte della morte?

Nella Fragalà

Nella Fragalà

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