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Enrico Castiglione porta a Taormina “Il ratto del Serraglio” di Mozart

Gio, Ott 2, 2014

Spettacolo

Susseguirsi di ingredienti dosati con estremo equilibrio, leggerezza e  professionalità

Nella tessitura del lavoro mozartiano, i temi sentimentali e patetici, cari al Romanticismo, si alternano ai temi comici che si caratterizzano  per  toni più popolareschi. Il plot della fiaba è ispirato da una voga molto diffusa nel Settecento, periodo in cui le turquerie erano di tendenza, diremmo oggi. Una regìa intelligente e di gusto, realizzata da  Yekta Kara

Fa centro Enrico  Castiglione portando a Taormina Il ratto del Serraglio di Mozart, in occasione della settima edizione del Festival belliniano,  iniziativa da lui promossa e condotta con successo come, del resto, tutte le altre manifestazioni artistiche di livello internazionale che si alternano nei calendari e che danno spinte di qualità al turismo e allo spettacolo.

Una serata, il 7 settembre, tutta da godere, a dispetto di un qualche temuto piovasco, che invece, scongiurato, si è dissolto lasciando aperto un cielo terso e trapuntato di stelle su quello scenario unico: il Teatro Antico di Taormina, oniricamente sospeso tra cielo e mare  e degna cornice di storie da mille e una notte.

Die Entführung aus dem Serail è il titolo originale del Singspiel mozartiano, (un genere musicale che alterna parti recitate ad arie, recitativi accompagnati e pezzi d’insieme) e che per la sua realizzazione sulla scena taorminese, ha accolto una équipe di professionisti e maestranze di circa 280 elementi, tra artisti e tecnici, tutti appartenenti all’Opera Nazionale di Ankara.

I termini dello spettacolo, che ha lasciato soddisfatto il folto pubblico, vanno ricercati in una serie di ingredienti che sono stati dosati con estremo equilibrio, leggerezza e  professionalità. 

Appena una piccola esitazione all’inizio, ma dopo, riscaldata l’atmosfera, la recita ha sviluppato i suoi temi in maniera gentile e armoniosa: sembrava quasi srotolarsi come un prezioso tappeto da cui andavano emergendo le deliziose figure degli attori-cantanti.

La scenografia di Cagda Citkaya essenziale, eppure ricca e tutt’altro che statica, era magicamente intonata col contesto naturale ed architettonico e su questa eloquente piattaforma  si muovevano con abile azione scenica, indossando gli stupendi costumi di Sanda Zipci, i personaggi della fiabesca vicenda mozartiana  che, nel suo intrinseco messaggio  appare tutt’altro che   anacronistica.

Il plot della fiaba è ispirato da una voga molto diffusa nel Settecento, periodo in cui le turquerie erano di tendenza, diremmo oggi.

A causa del rapimento di Konstanze, Belmonte, il suo innamorato, parte verso una terra che, verosimilmente potrebbe anche essere la Turchia, e tenta di sottrarla alle mire del potente sultano che la vorrebbe nel suo Harem.

Là avviene lo scontro delle due culture: la occidentale e l’orientale, le quali si confrontano sul piano del rapporto uomo-donna ed in questo, ciascuna  ne incarna la supremazia ora dell’uno, ora dell’altra, sdrammatizzandone il peso reale che il tema contiene, attraverso  il genere dell’opera buffa.

L’epilogo vedrà il Sultano lasciar libera la sua desiderata Konstanze, e il severissimo “maschilista ante litteram” Osmin, custode dell’Harem, subire non solo le resistenze, ma anche i toni di comando di Blonde, di cui è innamorato e trasformarsi, incapace di reagire alla autorevolezza dei suoi accenti, in un agnellino.

Così Mozart, ridendo mores castigat, invita a più tolleranti riflessioni dal sapore illuminista.

Il cast elenca artisti di gran livello: Okan Senozan, attore al quale il temporaneo infortunio al braccio, non ha smorzato la irresistibile  vis comica   nel ruolo parlato del Pasha Selim;  Feryal Turkoglu, soprano leggero, elegante nella scena e nei tratti interpretativi di Konstanze, protagonista principale insieme ad Erdem Erdogan,  tenore dal timbro sobrio  e pulito, nel ruolo di Belmonte; Cenk Biyikin, tenore nel ruolo di un  Pedrillo che si fa notare per i tratti comunicativi accattivanti; Gorkem Ezgi Yildirim soprano, graziosissima  nel simpatico ruolo di Blonde che tesse esilaranti duetti con  Tuncay Kurtoglu, basso profondo, dal grande spessore artistico, nel ruolo di  Osmin.

E non ce ne vogliano i protagonisti principali seppur nella loro bravura, passano un po’ più in ombra  rispetto a questi ultimi, che per la loro intesa artistica riescono a conquistare  la simpatia del pubblico che si diverte.

Nella tessitura del lavoro mozartiano, i temi sentimentali e patetici, che cominciano ad annunciare quelli dell’anima, cari al Romanticismo (come nei duetti tra Konsanze e Belmonte), si alternano ai temi comici che si caratterizzano  per  toni più popolareschi; esemplare il  personaggio di Pedrillo o, ancor meglio, di Osmin, il cui carattere viene associato ad una comicità giocata su passaggi repentini da  registri gravi ad acuti che ne descrivono la burbera goffaggine. Ma lì, Tuncay Kurtoglu, se la gioca da gran maestro!

Anche il Coro e l’Orchestra Nazionale dell’Opera di Ankara, la cui direzione è affidata al bulgaro Sunay Muratov, conducono  più che egregiamente il loro sviluppo musicale  che, come nella tradizione operistica tedesca, talvolta è autonomo rispetto al canto ma non per questo non perfettamente disponibile ad accoglierlo e a contrappuntarsi con esso .

Nel secondo  tempo (perfetta la scena con Blonde!), con incantevole simpatia, passa il messaggio che le donne in Europa comandano in modo visibile gli uomini e non viceversa, come appare palesemente dalle scene precedenti in cui Osmin veniva meticolosamente e servilmente accudito dalle tante donne del gineceo.

Ma il grande salisburghese gioca nella contrapposizione dei due fronti per affermare che il bello delle donne e la ragione per cui gli uomini impazziscono sta proprio lì, nella leggerezza e nella leggiadria, frizzante e all’un tempo determinata,  libera nell’esprimere la sua  natura.

Bellissima la fine del secondo atto nella quale, nei due duetti opposti sulla scena, Konstanze e Blonde mettono in ginocchio rispettivamente i propri uomini mostrando la vera fragilità e la vera forza!

Il miscuglio di lingue con cui si canta, non impedisce né limita eccessivamente la fruizione globale   dell’opera, anzi pone l’accento, in questo momento storico, sulle scottanti temperature di un oriente, bellicoso e belligerante invitando tacitamente  a più moderate intese che, se possibili sulla scena, probabili anche nella realtà.

Così, una regìa intelligente e di gusto, realizzata da  Yekta Kara,  assegna ad un brindisi fatto con vino siciliano, l’epilogo felice che può realizzarsi dosando impeto e moderazione, diversità e rispetto, interessi e buon senso, non senza un pizzico di illuministicaratio.

Norma Viscusi

Norma Viscusi

Pianista. Insegna Musica nella sc. Media Q. Maiorana di Catania. Ha conseguito anche il Magistero di Scienze Religiose presso IRSS San Luca di Catania, Facoltà di teologica di Sicilia. Il suo interesse è poliedrico: musica, arte, cultura, volontariato e giornalismo. Collabora come editorialista, freelance, con diversi periodici e quotidiani. Fra questi Freedom 24, Zona franca, l’informazione, Aetnanet, Newsicilia, l’Alba. Ha pubblicato saggi di letteratura religiosa sulla Scapigliatura, Lo spazio di Dio in Tarchetti in La letteratura e il Sacro, narrativa e teatro, cura di F. D.Tosto, vol. IV ed. ESI, 2016 Napoli e per la collana “Nuova Argileto”, La Scapigliatura. Tra solitudine e trasgressione, Lo spazio di Dio in Tarchetti, Rovani e Dossi. ed. Bastogi, 2019 Roma. Ama dedicarsi in modo particolare a recensioni musicali e teatrali.

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