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“Lucia di Lammermoor” di Donizetti al Teatro Massimo “Bellini” di Catania

Gio, Apr 25, 2024

Spettacolo

LUNGHI APPLAUSI A SCENA APERTA

Ovazioni continue; in particolare per Maria Grazia Schiavo (Lucia) e Francesco Demuro (Edgardo). La prima ha letteralmente estasiato coi suoi virtuosi gorgheggi di intimo e straziante dolore mentre il suo personaggio, da pazza, spirava; Il secondo è stato sempre raffinato, versatile e duttile nella variazione dei toni evidenziando, soprattutto nella meditazione del suicidio, la sua eccellenza canora.

di Pino Pesce

Francesco Demuro (Edgardo) e Maria Grazia Schiavo (Lucia di Lammermoor)

Non ci sono parole umane per descrivere le ineffabili emozioni e, ancor più, l’estasi sofferente delle note musicali della Lucia di Lammemoor di Gaetano Donizetti che si sta rappresentando (dal 19 al 27 maggio) al Teatro Massimo “Bellini” di Catania sotto la fatata bacchetta di Stefano Ranzani, chiaro nome della musica internazionale, e l’ottima regia di Giandomenico Vaccari che ha saputo cogliere, come egli stesso verga, «la summa degli umori romantici» precedenti al 1835, i quali, ne prende atto il regista, ben aveva saputo descrivere Salvadore Cammarano nella sua suggestiva poesia del libretto operistico che trae spunto dalla  Sposa di Lammermoor di Walter Scott con filtro ossianico e shakespeariano. In merito a quest’ultimo, si pensi al casto e sventurato amore di Lucia ed Edgardo; la prima raccoglie in sé l’avverso destino di Giulietta, Ofelia e Desdemona; il secondo, ossessionato dal dubbio, quello di Amleto e Otello.

Tutte le foto sono di Giacomo Orlando

Al compositore bergamasco non sempre sono stati riconosciuti i suoi meriti; in particolare dai suoi colleghi attuali o vicini nel tempo che eppure (casi ristretti) qualcosa gliel’avevano rubato; in compenso ci sono stati però i glorificatori, come Hugo Wolf che, pur essendo molto tagliente verso la nostra musica, dichiara: «devo dire che, pur essendo fortemente ostile alla musica italiana, quest’opera mi è piuttosto piaciuta».

Maria Grazia Schiavo (Fantasma di Lucia)

Oggi però tutti i teatri del mondo celebrano Donizetti come un Nume; così sta avvenendo a Catania, grazie in particolare ad un maestro che ha saputo risvegliare e guidare le virtù migliori di tutti i musicisti e di tutti i cantanti oltrepassando le aspettative.

Lucia in preda alla pazzia

Non per nulla le ovazioni (21 aprile 2024) sono state continue; in particolare per il soprano Maria Grazia Schiavo (Lucia) ed il tenore Francesco Demuro (Edgardo). La prima ha letteralmente estasiato il pubblico coi suoi virtuosi gorgheggi di intimo e straziante dolore mentre il suo personaggio, da pazza, spirava; Il secondo è stato sempre raffinato, versatile e duttile nella variazione dei toni evidenziando, soprattutto nella meditazione del suicidio, la sua eccellenza canora. E quanta armonia ed intensità di colore e di calore contrastati nel duetto Lucia-Edigardo alla ”Fontana della Sirena”. Un fraseggio musicale che per espressività riportava ai grandi duetti della lirica; azzarderei ricordando Maria Callas e Giuseppe Di Stefano?

Maria Grazia Schiavo in abito tudoriano

Anche Christian Federici (Lord Enrico Ashton) ha ben onorato la sua voce di baritono con tonalità drammatiche e tenebrose che ben si attagliavano all’indole oscura del suo personaggio.

Ma Tutti gli artisti hanno tenuto alto il loro ruolo; da Claudia Ceraulo (Alisa) a Marco Puggioni (Lord Arturo Bucklaw), da Nicola Pamio (Normanno) a George Andguladze (Raimondo, il pastore, padre spirituale di Lucia).

Un plauso di professionale competenza va al costumista-scenografo-videomakerAlfredo Troisi, ma lodevoli anche l’assistente ai costumi Giovanna Giorgianni, l’assistente alla regia Alessandro Idonea, il datore di luci Antonio Alario, il direttore degli allestimenti scenici Arcangelo Mazza e l’allestimento del teatro “G. Verdi” di Salerno.

Encomio speciale all’orchestra del “Bellini” diretta dal maestro Ranzani e al coro dello stesso Teatro diretto dal maestro Luigi Petrozziello.

Altamente suggestiva la scenografia prevalentemente in videoproiezione: dalla iniziale rovinosa torre del castello di Ravenswood e successivi fontana e bosco, mentre si sta cacciando, alle rovine della torre di Wolferag e tombe dei Ravenswood, passando dagli appartamenti di Lord Ashton, le scene sono invase da un minaccioso cielo di fosche nubi, fino al color sangue verso il tragico finale sotto la neve.

La neve (pioggia nel libretto) della brumosa Scozia intensifica l’angosciante dolore della tragica vicenda di Lucia e di Edgardo di Ravenswood, amanti osteggiati dal fratello di lei, Enrico Ashton, che, già usurpatore dei beni del giovane nobile, gli è mortalmente nemico e pertanto impone alla sorella di sposare Lord Arturo Buckalaw, il quale, a nozze fatte, lo avrebbe salvato dal tracollo del proprio casato non favorito dalle lotte politiche che stavano sconvolgendo il regno scozzese nella seconda metà del XVI secolo.

Lettere di Edgardo all’amata, intercettate e nascoste, un’altra falsa per allontanare la giovane dall’amato, favoriscono (per le mene di Normanno) il matrimonio fra Arturo e Lucia che sarà di luttuoso epilogo. La sventurata sposa, infatti, odiata dall’ingannato innamorato che si convince della sua infedeltà, in preda alla follia, uccide l’imposto sposo e, subito, muore di crepacuore. La tragedia non si ferma qui: Edgardo, saputo dell’innocente fine di Lucia, colpito da disperato amore, nefastamente supplichevole, si trafigge con un pugnale il cuore: «Se divisi fummo in terra,/ ne congiunga il Nume in ciel.» Sono gli ultimi due disperati e strazianti versi della cabaletta «Tu che a Dio spiegasti l’ali».

La commozione tocca il culmine all’apparire, nel corridoio centrale della sala, del fantasma insanguinato di Lucia che chiama Edgardo alle eterne aure mentre in scena Edgardo giace esanime, Raimondo implora Dio di perdonare lo sventurato amante e il coro, anch’esso implorante, congeda nello sbigottimento totale il pubblico: «Quale orror! Quale orror!/ Oh tremendo, oh nero fato!/ Dio, perdona tanto orror!»

Scrosciano gli applausi a spella mani; si grida “bravi!”… Ultime forti emozioni, anche di lacrime che significar per verba non si poria.

Già docente di Materie Letterarie negli Istituti Superiori di II grado, si occupa di iniziative che promuovono l’arte e la cultura e/o che riguardano tematiche di forte valenza sociale. Si è anche occupato della divulgazione attraverso giornali vari del folclore, della tradizione e della storia della Sicilia e in particolare di Motta, di cui (come Assessore alla Cultura pro tempore) ha realizzato il volumetto Motta Sant’Anastasia, Guida alla città (Le Nove Muse Editrice,1999). Dal 1995 al 2000, si è attivamente impegnato nel Rione “Panzera” del paese natale (rinomato in Italia e all’Estero per il gruppo degli Sbandieratori, pluricampioni d’Italia), di cui è stato Presidente dell’Associazione Culturale dall’aprile del 1995 all’aprile del 1998. Nel 1997 (in occasione della “Festa Grande” in onore della Patrona Anastasia) ha scritto Trapasso di Sant’Anastasia, una sacra rappresentazione negli anni riproposta anche in occasione delle “Feste Medievali”, interpretata e diretta anche da nomi nazionali. Dal 2014 si è dedicato al teatro con interessanti e coinvolgenti rielaborazioni teatrali di cui ne ha curato anche la regia che hanno riscosso un rilevante successo, come “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello e “Rosa Balistreri – A memoria di una Voce”. Ha curato la presentazione di autori del mondo dell’Arte e della Letteratura e di video documentari a sfondo culturale e sociale, curandone il testo e la regia, che gli hanno procurato (avendoli proposti per le Scuole Medie Superiori) riconoscimenti anche dal Ministero della Pubblica Istruzione. il professore, collaboratore di quotate riviste culturali: Biologia Culturale, diretta da Gino Raya (uno dei maggiori filosofi e letterati del Novecento, ricordato di recente dal Corriere della sera, dove Pesce veniva annoverato fra i suoi discepoli) ) e Netum, diretta da Biagio Jacono, ha negli ultimi anni, diretto La Svolta, periodico d’informazione e di cultura, e l’Alba, mensile cartaceo d’arte cultura e società, attualmente giornale on line.

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