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“l’Alba” e “Libera Motta” presentano “Antonio Ingroia Io so”

Ven, Lug 12, 2013

Eventi

All’Hotel “Valle degli Ulivi” di Motta Sant’Anastasia un caloroso applauso accoglie il giudice di “Azione Civile”

Con passo svelto, Antonio Ingroia entra nella sala dell’Hotel “Valle degli Ulivi” di Motta Sant’Anastasia per l’incontro sulla presentazione del libroAntonio Ingroia Io so (edito Chiarelettere), organizzato, sabato 6 luglio mattina, dal periodico l’Alba, con la collaborazione dei giovani di “Libera Motta” e di “Azione Civile” di Catania, di cui è referente la dott.ssa Genny Mangiameli.

Le significative note di Terra ca nun senti di Rosa Balistreri, affidate alla chitarra e alla voce passionale di Cinzia Sciuto, aprono la presentazione. 

A questo canto senza tempo di una terra mortificata, come la Sicilia della Balistreri e come l’Italia dell’ultimo ventennio, argomento cardine del libro, si aggancia il direttore de l’Alba Pino Pesce, attraverso uno dei più significativi passaggi di un libro forte e scomodo: «Vorrei dire ai giovani che è fondamentale recuperare la memoria della storia italiana, al di là di questo ventennio. Vorrei dire loro che devono assolutamente provare a ricominciare dal patrimonio, andato in parte disperso in quel ’92, con lo stragismo […] per costruire un futuro di legalità. L’Italia migliore è lì, in quel pezzo di storia che le stragi hanno tentato di cancellare. Da lì, da quel patrimonio etico e morale, bisogna ricominciare.» Sull’importanza della memoria e del racconto di un’Italia comunque da fare, Pesce centra il suo intervento per lanciare uno spunto di riflessione che affonda le sue radici nel passato; in particolare nella primavera dei popoli europei del 1848, il cui risveglio parte (restando la Francia il modello propagatore con la rivoluzione di febbraio) proprio dalla Sicilia nel gennaio dello stesso anno.

Sull’augurale risveglio siciliano, ed incamminandosi nei dettagli del testo, anche con puntuali letture, l’attrice Nellina Laganà, pone l’accento sulle lobby criminali e sulla scottante questione delle intercettazioni. Ed è sugli spunti lanciati dai relatori che Ingroia chiarisce, con disarmante fermezza, il senso, le motivazioni e l’humus di “Io so”.

Col suo fare discreto ma deciso – così come abbiamo imparato a conoscerlo in questi primi mesi di impegno politico – il giudice ha cominciato il suo intervento chiarendo le ragioni che lo hanno portato a scrivere questo libro dal titolo provocatorio, come lui stesso ammette .

Titolo che condensa il venticinquennio di attività svolta all’interno della procura di Palermo, la quale lo ha visto collaborare con personalità del calibro di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

Di quest’ultimo, forse, nel concepire questo suo scritto (che è un’intervista compiuta dai giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza) ha tenuto in considerazione il profondo convincimento secondo il quale ogni fenomeno umano – compreso quello criminale – segua una parabola di rigido determinismo che lo porterà alla necessaria estinzione.

Forte di questo pensiero, Ingroia ha accettato questa intervista confluita nel libro in questione, pensando che necessitasse una riflessione lucida e critica sulla stagione che si era chiusa: il ventennio berlusconiano.

Almeno questa era la sua speranza: le urne lo hanno sconfessato, non solo a livello personale (non facendolo giungere alla soglia di sbarramento del 5%) ma anche in generale poiché, come lui stesso ha sottolineato, la situazione politica generatasi ha dipinto un quadro peggiore di quanto si potesse immaginare: tutti sono stati nel contempo vincitori e vinti. Per tale motivo, è stato suo malgrado costretto ad ammettere che se anche un giorno Berlusconi dovesse cessare la sua attività politica, molto probabilmente non smetterà di esistere il berlusconismo.

Fra gli interventi interessanti del pubblico, oltre alle pertinenti domande dei ragazzi di “Libera Motta”, si rinviene quello del già preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Nunzio Famoso che ha sintetizzato con nitida accuratezza la ricostruzione giudiziaria e l’intuizione storica del libro che vede nell’omicidio Lima l’inizio della trattativa Stato-mafia. Puntualizzazione cui si riallaccia il giovane politologo Danilo Festa che mette a nudo coraggiosamente certi atteggiamenti non chiari della politica locale che usa la testa come lo struzzo.

Con ulteriore specificità, Turi Gennaro, ex sindaco di Misterbiano, nella sua lucida analisi della storia politica di ieri e di oggi, locale e non, ha fatto emergere come in effetti la “vicenda Ingroia” rappresenti un fallimento dello Stato nei confronti di un suo servitore (scomodo evidentemente) che, per continuare a svolgere la sua missione, è stato costretto ad uscire dalla magistratura.

L’osservazione di Gennaro non fa in effetti che estremizzare uno dei punti nevralgici del libro nel quale si asserisce che «la seconda Repubblica fondi i suoi pilastri sul sangue dei servitori dello Stato», in particolare su quello di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i primi che tentarono di scardinare un sistema in cui Stato e mafia sembravano così bene amalgamati da rendere difficilissima la loro distinzione. La sentenza che nel 1987 vide condannare i principali capimafia siciliani non gettò nel panico solo Riina ed i suoi, ma ebbe delle ripercussioni notevolissime anche nel mondo ovattato e “pulito” delle istituzioni italiane legati a doppio filo al destino dei Corleonesi.

Forse senza neanche prevedere gli sviluppi che avrebbe avuto lo scoperchiare quel pericoloso vaso di Pandora, Falcone e Borsellino cominciarono sostanzialmente a squarciare quel velo: pagarono con la vita, condannati ed abbandonati anche dallo Stato per il quale avevano profuso le loro energie.

Ingroia ha continuato su questa strada e con l’inchiesta “Sistemi criminali” (poi archiviata) è arrivato purtroppo solo a sfiorare verità inquietanti (non supportate, come evidenzia lui stesso nella prefazione del libro, da prove necessarie per un dibattimento processuale, le cosiddette res constitutae) che acclarano come la stagione delle stragi sia stata preambolo alla nascita di un partito, “Forza Italia” che, nonostante vari ed inevitabili trasformismi, detiene ancora una grossa fetta di potere.

C’è da chiedersi a questo punto se l’azione di ostracismo e di ghettizzazione portata avanti nei confronti di Ingroia, che ha visto la più alta carica dello Stato sollevare il conflitto di attribuzione nei confronti del medesimo, non equivalga di fatto ad un omicidio, mentre nel frattempo altri rappresentanti importanti della lotta anti-mafia, forse più accomodanti,  siedono sul seggio più alto di Palazzo Madama.

Maria Grazia Monteleone

Maria Grazia Monteleone

Ventiseienne, si è laureata in Lettere Classiche con una tesi in Storia Greca. Appassionata lettrice dei grandi scrittori siciliani, in particolare di Giovanni Verga, ha un temperamento ribelle e non ama i dogmatismi e le persone che hanno troppe certezze da vendere. Fra i suoi cantanti preferiti vi sono Etta James, Sting, Gotye, Amy Winehouse ed Adele.

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