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“Io so” dell’ex pm Antonio Ingroia ad Adrano

Gio, Ott 3, 2013

Eventi

La trattativa Stato-mafia e il perché della scelta di abbandonare la toga

Si è svolta, di recente, a Palazzo Bianchi di Adrano, la presentazione del libro Io sodell’ex pm Antonio Ingroia. L’evento, patrocinato dal Comune di Adrano (assessore alla Cultura, dott. Giosué Gullotta), è stato frutto dell’impegno di una giovane cittadina, Maria Grazia Monteleone, che, avendo contatti con i referenti locali di Azione Civile – movimento fondato dallo stesso Ingroia – ha lavorato affinché questo incontro fosse un vero momento di confronto e crescita per la collettività adranita, spesso fin troppo presa a gestir gli affari del proprio orticello.

Il dibattito è stato preceduto dalla proiezione di un video che ricordava le parole-denuncia di Pier Paolo Pasolini, il cui grido di sottofondo di indignazione – «io so, ma non ho le prove» – hanno ispirato l’autore del libro nella scelta del titolo.

La dott.ssa Monteleone, intervenendo, ha focalizzato l’attenzione su alcuni dei molti punti nevralgici del testo (il libro, infatti, è valso al dottor Ingroia un’azione legale con una richiesta di risarcimento milionaria da parte di Marina Berlusconi e Marcello Dell’Utri per la ricostruzione dei prodromi della nascita di Forza Italia. Ipotesi peraltro confermata dalla sentenza definitiva emessa recentemente nei confronti di Dell’Utri) ed in particolare sulla ipocrisia dominante che ha relegato le stragi di Capaci e via d’Amelio in un remoto compartimento stagno della nostra storia contemporanea. A buon ragione, secondo la ricostruzione delle risultanze investigative (l’inchiesta Sistemi criminali) svolte da Ingroia nella sua funzione di pm, la storiella infantile che vede lo “Stato dei buoni” combattere e mettere in manette i cattivi responsabili dell’omicidio dei giudici Falcone e Borsellino, risulta – come tante volte è stato sussurrato ma mai gridato – una mistificazione operata ad hoc, seguendo un copione già troppe volte visto: servitori dello stato osteggiati in vita, santificati post mortem.

Nella deriva di valori a cui assistiamo quotidianamente, uno spiraglio di luce è per Antonio Ingroia la Costituzione in difesa della quale non ha esitato a definirsi “partigiano”.  Proprio per approfondire ciò si è tenuta la dotta dissertazione del professor Agatino Cariola, docente di diritto costituzionale, il quale, dopo un breve excursus sull’origine della carta fondamentale quale frutto del c.d. «compromesso», si è soffermato sui nuovi partiti formatisi dopo la fine della prima repubblica, i quali non essendo ancorati e non rispecchiandosi nei valori della Costituzione e non essendo più portatori di ideali e modelli sociali, sono motivo di una modifica della impostazione istituzionale e costituzionale che di fatto è gia in atto. Partiti che fanno parte di un sistema ormai debole che di fatto si rende permeabile agli interessi dei pochi e perfino più beceri, quali quelli della criminalità organizzata.

 Il dott. Ingroia, tracciando un profilo anche storico della mafia, della lotta e della percezione che la società ha di essa, ha sottolineato e spiegato con profonda amarezza il perché della sua scelta di abbandonare la toga dopo anni di importantissime indagini, ultima proprio quella sulla trattativa Stato-mafia, oggetto tra l’altro del suo ultimo libro. La consapevolezza, palesemente dimostrata e «istituzionalizzata» con il conflitto di attribuzioni sollevato dal PdR Napolitano e la conseguente sentenza politica della Corte Costituzionale n.1/2013, che lo Stato non vuole la verità sulle stragi del ’92/’93 e che la procura di Palermo è arrivata al punto più alto delle indagini oltre il quale non è stato più permesso andare (tanto che a detta dello stesso «da più di un anno non si sono fatti notevoli passi avanti nelle indagini e non certo per incapacità dei miei colleghi») lo hanno amaramente spinto a fermarsi e a ritenere che senza una vera sensibilizzazione della società la verità non verrà mai alla luce. Per questo ha voluto spostare la sua attività ed il suo impegno fuori e oltre l’angusto e minato spazio dei processi, avendo a cura non solo la verità, ma anche la rinascita di una coscienza civica, la speranza che solo attraverso le migliori forme di partecipazione dei cittadini il nostro Paese può prendere le distanze da, ormai fin troppo, lunghi periodi bui.

La chiave di volta per questo ambizioso risultato è prima di tutto il legame alla Costituzione; la partecipazione dei cittadini, non più e non solo attraverso i partiti, ormai strutturati e piegati a logiche di interessi personali, bensì mediante forme nuove di associativismo, sempre nel rispetto dei principi democratici.

L’incontro ha poi visto la partecipazione diretta della platea, la quale, con domande e spunti di riflessione, ha mostrato interesse e attenzione. Il dibattito che ne è venuto fuori è stato costruttivo, anche con visioni e punti di partenza contrapposti, ma uniti dal comune denominatore del rispetto e del confronto quale fattore di crescita ed arricchimento personale e collettivo.

Non capita facilmente che un paese con gravi problemi e limiti come Adrano, con delinquenza, inciviltà, personalismi, abbia la possibilità di confrontarsi con personalità di tale spessore culturale e – lato sensu – sociale; non capita facilmente che una giovane ragazza organizzi da sola momenti così importanti e partecipati; non capita facilmente che la politica con la p minuscola venga messa da parte per lasciare spazio alla forza delle idee e del confronto; non capita facilmente che un paese ad alta densità mafiosa e di degrado abbia l’onore di avere professori di diritto ed ex pm antimafia… Eppure questo per una sera è stato possibile. Una rondine fa primavera?! Intanto un chicco è stato seminato… e pare su buon terreno!

Piera Anzalone

Redazione l’Alba

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