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Pietro Scaglione Junior sul “caso” Scaglione-nonno invia un comunicato stampa della famiglia

Lun, Giu 9, 2014

Attualità, Informazione

In seguito alle presentazioni del libro La mafia e lo Stato di Emanuele Macaluso, all’Università di Catania e al Comune di Misterbianco (rispettivamente il 10 e il 12 aprile 2014), e alla pubblicazione dell’articolo Pietro Scaglione Junior disapprova Macaluso per non aver rivalutato nell’ultima edizione di “La mafia e lo Stato ”l’omonimo nonno-magistrato ucciso dalla mafia di Pino Pesce (l’Alba, maggio 2014, edizione cartacea ed on line), il dott. Pietro Scaglione Junior ha inviato alla Redazione de l’Alba il comunicato stampa che segue, il quale pubblichiamo, intanto, nell’edizione on line e, successivamente, nella edizione cartacea.

Egregio professore Pino Pesce,

per un quadro più completo sull’omicidio di mio nonno, il procuratore Pietro Scaglione, le allego il comunicato stampa sul recente anniversario del duplice omicidio.

Cordiali saluti

Pietro Scaglione

COMUNICATO STAMPA SU ANNIVERSARIO OMICIDIO SCAGLIONE

Lunedì 5 maggio si è celebrato il quarantatreesimo anniversario dell’omicidio del Procuratore capo della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione e del suo fedele agente di custodia, Antonio Lorusso. Definito – anche in sede giurisdizionale penale – “un magistrato integerrimo, persecutore spietato della mafia”, Scaglione si occupò dei principali misteri siciliani dal dopoguerra al 1971, anno della sua uccisione, in via Cipressi, vicino al cimitero dei Cappuccini di Palermo.

Per quanto riguarda gli “Atti relativi ai mandanti della strage di Portella della Ginestra”, nelle conclusioni del PM Pietro Scaglione (datate 31 agosto 1953), i moventi principali accreditati furono i seguenti: la “difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ad oltranza” contro il comunismo; la volontà da parte dei banditi di accreditarsi come “i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “punizione” contro i contadini che lottavano per la terra.

In relazione ai delitti dei sindacalisti siciliani negli anni Quaranta e Cinquanta, l’allora Sostituto procuratore generale Pietro Scaglione chiese sia il rinvio a giudizio per gli indagati dell’omicidio di Salvatore Carnevale, sia l’ergastolo per i boss imputati nel processo contro i responsabili dell’assassinio di Placido Rizzotto. In particolare, nella requisitoria del 1956 sul caso Carnevale, il pm Scaglione parlò di “febbre della terra” e scrisse che l’attività del sindacalista di Sciara era temuta da coloro che avevano interesse al mantenimento del sistema latifondista.

Nell’inchiesta sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, l’intervento del procuratore Scaglione fu “attivissimo”, come, tra l’altro, dichiarato dalla moglie del giornalista nell’intervista a “La Domenica del Corriere” del 13/06/1972 e come confermato dalla sentenza della Corte di Appello di Genova del 01/07/1975.
Il Procuratore Pietro Scaglione promosse anche numerose inchieste a carico di politici, di amministratori e di colletti bianchi, come risulta dagli atti giudiziari, dalle sentenze e dalla testimonianza del giornalista Mario Francese (ucciso dalla mafia nel 1979). Secondo Francese, infatti, il procuratore Scaglione “fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni. E’ il tempo del cosiddetto braccio di ferro tra l’alto magistrato e i politici, il tempo in cui la “linea” Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici. Procedimenti di nuovo stampo, che cominciarono a destare sensazione nell’opinione pubblica, per la personalità degli incriminati. [….] Impossibile, in questo momento fare un preciso bilancio dei processi disposti da Scaglione contro pubblici amministratori per peculato, interesse privato, corruzione (FRANCESE, Il giudice degli anni più caldi, in Il Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).

Secondo Paolo Borsellino, “la mafia condusse una campagna di eliminazione sistematica degli investigatori che intuirono qualcosa. Le cosche sapevano che erano isolati, che dietro di loro non c’era lo Stato e che la loro morte avrebbe ritardato le scoperte. Isolati, uccisi, quegli uomini furono persino calunniati. Accadde così per Scaglione [….]” (in La Sicilia, 2 febbraio 1987, p.10). 
L’uccisione del Procuratore Scaglione – scrisse a sua volta Giovanni Falcone – ebbe “lo scopo di dimostrare a tutti che Cosa nostra non soltanto non era stata intimidita dalla repressione giudiziaria, ma che era sempre pronta a colpire chiunque ostacolasse il suo cammino” (in La Posta in gioco, Bur, Rizzoli, 2011, p. 320).

Il Procuratore Scaglione svolse, con impegno e dedizione, anche la funzione di Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro. Infine, con Decreto dello stesso Ministero della Giustizia del 1991, previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, Pietro Scaglione fu riconosciuto “magistrato caduto vittima del dovere e della mafia”.

I familiari del Procuratore Scaglione

Redazione l’Alba

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