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Al “Parenti” di Milano, Filippo Timi attore/autore del “Don Giovanni”

Dom, Mar 10, 2013

Spettacolo

Contaminazioni, sarcasmo e trasgressioni raccontano un uomo vizioso, beffardo e crudele

Facendosi beffa di Mozart e di Molière Filippo Timi dà vita ad un seduttore irriverente ed irresistibile che, sul palco del Teatro “Franco Parenti” di Milano, lacera un grande classico dell’occidente. Sarcastico e beffardo, conquistatore impenitente ed edonista militante, il personaggio del Don Giovanni di Timi (che completa il suo titolo con Vivere è un abuso, mai un diritto) è capace di terribili nefandezze ed allo stesso modo di grandi passioni.

Nel suo colorato ed eccentrico covo, che ricorda le atmosfere futuriste di Kubrick in 2001: Odissea nello spazio, seduce donne di diversa origine ed estrazione sociale. Da Elvira, nobildonna dalla sessualità repressa che cedendo alle sue promesse di un futuro matrimonio lascia il convento, a Donna Anna, giovane fanciulla che porta le cicatrici di abusi subiti durante l’infanzia, passando per la giovane ciociara proletaria Erzelina, candida coatta innamorata del marito. Ogni donna è una declinazione del desiderio di Don Giovanni. Come afferma lo stesso Timi «Donna Elvira è la conquista difficile, l’amore che ritorna per chiedere il riconoscimento di una promessa già fatta. Donna Anna è l’amore ingannatore, che libera dal vecchio incubo e rende la donna libera di scendere verso un incubo ancora  più cosciente, è l’amore compulsivo, immediato, sbagliato. Zerlina è il piacere della seduzione, l’amore invidioso, la voglia di portare via la donna al marito.»

La cifra stilistica del Don Giovanni messo in scena dall’artista perugino è la contaminazione, che investe tutti i livelli della messinscena dalla drammaturgia alla scena passando per le colonne sonore. La trama rilegge in maniera radicale la vicenda del seduttore spagnolo, facendone un uomo vizioso e crudele alle prese con rocamboleschi corteggiamenti, accompagnato dal fedele servo Leporello perdutamente innamorato di lui. La scenografia è costruita seguendo le stesse regole della trama: assenza di regole e contaminazione. Una quinta teatrale sulla quale si staglia una tela che riproduce la gloria di sant’Ignazio di Andrea Pozzo, interni postmoderni, un giaciglio a forma di croce e costumi, curati da Fabio Zambernardi, dai colori e materiali più astrusi. Dalle piume verdi e arancio indossate dai servi Leporello e Ludovico, omosessuali dichiarati, alle mise a dir poco eccentriche del protagonista, dal cappotto di fiori colorati al completo di pelle anni ‘70. Se la scenografia è un mix di stili e colori non sono da meno le colonne sonore. Dal rock dei Pink floid alla sigla del celebre cartone animato giapponese Uomo tigre, per arrivare ai nostrani Claudio Baglioni ed Alessandro Celentano, passando per la lirica di Maria Callas e le sinfonie di Mozart, Beethoven e Mascagni, le note che accompagnano la pièce sono diversissime tra loro e sembrano non seguire alcun filo logico. All’esigenza di esprimere la contemporaneità del mito sembra siano da ricondurre i video tratti da you tube, proiettati per introdurre gli intervalli. Il sarcasmo ed il cinismo sono le linee guida di questa rilettura  radicale del mito di Don Giovanni, in cui la scena che predomina sulla trama, proprio come nella vita di un edonista l’apparire predomina sull’essere.

Nel suo personalissimo Don Giovanni Filippo Timi, nella doppia veste di regista ed attore, compie un’operazione complessa e dadaista. Destruttura il testo, lo distrugge e lo rimodella in funzione degli attori; mescola tutto: colori, paesaggi, scene, costumi e colonne sonore, per ribadire in quest’assenza di linee guide l’universalità e la contemporaneità del mito.  Non si può dire che l’obiettivo non sia stato centrato, il successo di pubblico e di critica è stato enorme, però rimane la sensazione che l’attore perugino abbia un po’ troppo tirato la corda nel voler dare veste pop al suo personaggio. Dei video astrusi tratti da you tube si poteva benissimo fare a meno, c’erano già tanti elementi a ricordarci la contemporaneità del mito. Si poteva anche rinunciare al sarcasmo posticcio con cui è stato messo in scena l’omicidio del padre di Donna Anna. Riserve a parte su qualche soluzione scenica la pièce è sicuramente degna del successo ottenuto.

Se Filippo Timi si è confermato un grande talento del teatro italiano contemporaneo, il resto delcast è stato superbo. Dalle ottime interpretazioni femminili di Elena Lietti, Roberta Rovelli e Marina Rocco, alla performance eccezionale dell’attore francese Alexandre Styker, alle magistrali interpretazioni di Umberto Petranca, Roberto Laureri, Matteo De Blasio e Fulvio Accogli.

Laura Timpanaro

Laura Timpanaro

Laureata in Lettere moderne, dal 2007 ha iniziato a scrivere per diverse testate locali, free press cartacee e telematiche, occupandosi principalmente di cultura e spettacoli e di cronaca locale. Ha collaborato anche con l’emittente televisiva “Video Star”. Appassionata di teatro, sia lirico che di prosa, adora in particolare il teatro contemporaneo. Si è specializzata in Filologia Moderna a marzo del 2012 discutendo una tesi su l’“Amleto” di Carmelo Bene. Segue molto anche il cinema: i suoi registi preferiti sono Kubrick, Fellini ed Almodovar. Altre sue passioni sono il fitness e i viaggi.

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