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Dalla Sicilia alla Bulgaria in cerca di cortometraggi

Mar, Lug 16, 2013

Spettacolo

Chiacchierata con Heinz Hermanns

Da vero tedesco e festivaliero incallito, lui ama la birra e le chiacchiere con la gente ai party fino a notte fonda. Dopo le proiezioni e le giornate impegnative si concede il lusso di passare le serate in piacevole compagnia di gente nuova con la passione per il cinema. E’ direttore artistico dell’Interfilm di Berlino, il festival internazionale dei cortometraggi, dalla sua fondazione nel 1982 fino ad oggi. In tanti forse se lo ricordano dal Festival Pollicino di Catania, dove è stato uno dei direttori dal 1990 al 1996. Conosce abbastanza Catania e la terra siciliana e vi vuole tornare. E’ stato nella giuria del Festival del cortometraggio a Balchik sul Mar NeroIn The Palace, che si è appena concluso, ma la sua vera missione è stata selezionare i corti bulgari per il suo prossimo Festival a Berlino che si svolgerà a novembre. Con Heinz Hermanns parliamo della sua esperienza bulgaro-italiana per scoprire che i due paesi hanno un filo che li lega: tutti e due non hanno la cultura del cortometraggio.

Come membro della giuria hai avuto la possibilità di passare una settimana nella suggestiva città di Balchik sul Mar Nero, ma la tua vera missione qua era un’altra. Come è stata l’esperienza bulgara?

«Non è stato molto difficile il mio lavoro da giurato. Sono soddisfatto del risultato. Personalmente mi dispiace che non siano stati premiati i film spagnoli che mi sono piaciuti parecchio. Per me è importante andare al festival non solo per vedere i film, ma anche per avere contatti diretti con dei registi, editori, produttori. I contatti sono fondamentali per il futuro lavoro. La mia vera missione a Balchik era quella di trovare cortometraggi del paese per inserirli nella programmazione dedicata alla Bulgaria nel mio prossimo Festival di Berlino che si svolgerà dal 12 al 17 novembre. Sono molto contento dei cortometraggi di animazione e ne ho già selezionati alcuni. Diversa la situazione per i cortometraggi di fiction bulgari. Sono deluso e sto ancora cercando, perché quello che ho visto non è stato il massimo e sicuramente non è sufficiente per la programmazione che deve rappresentare il Paese a Berlino. Ma sono senz’altro contento del mio soggiorno qua perché ho trovato tantissime persone interessanti.»

Il  tuo è un festival con una reputazione di ferro. Con quali criteri scegli i film?

«E’ una domanda difficile. E’ una questione sempre di qualità e contenuto. Si cerca un equilibrio tra i due. Può succedere che la qualità della produzione è alta, ma l’idea è stupida in partenza, o la storia è troppo forte, ma realizzata male. Forse la qualità non è sufficiente per una competizione internazionale, ma si può trovare un’altra via per far vedere il film. Secondo me se hai una bella storia, ma realizzata male, non può funzionare. Invece se la storia non è un gran che, ma fatta bene, allora possiamo parlare di un prodotto valido.»

Per capire e apprezzare un cortometraggio si deve parlare una lingua speciale. Qual è il linguaggio da usare in un cortometraggio così da essere capito e apprezzato?

«Dipende sempre dal contenuto del film; cortometraggio significa appunto un corto, non significa niente altro. Molto importante qua è la drammaturgia, perché la drammaturgia è diversa dal quella per il lungometraggio. E’ molto difficile assemblare questa concentrazione del contenuto della storia. Ogni corto deve avere il suo ritmo speciale e la sua drammaturgia molto concentrata, è la cosa essenziale. Così come nella letteratura una poesia è molto diversa da un romanzo.»

Dici che per te non c’è differenza tra gusto personale e quello da direttore artistico, ma poi abbiamo parlato di film per i festival e quelli per il grande pubblico.

«Il mio è un festival per il pubblico. Esistono certo i festival per professionisti, giornalisti, critica, addetti ai lavori. Lì i criteri sono diversi; ma non c’è solo un tipo di pubblico. Quindi dobbiamo stare attenti a scegliere per tutti: per i giovani, per i casalinghi, per i bambini, si cercano i film belli, ma che possono soddisfare i vari gusti. Spesso si presentano film abbastanza simili, e allora si cerca di sceglierne due/tre tra questi. Per quanto riguarda il mio gusto personale, preferisco i corti d’animazione.»

I corti meritano più attenzione dei lungometraggi?

«Il cortometraggio è più flessibile. Un cortometraggio si può vedere in più posti; all’università, al bar, sui cellulari, nella metropolitana… Ci sono un mare di festival dei corti. Conosco film tedeschi che sono andati a più di 200 festival. Dopo che il corto vive la sua vita festivaliera arriva il momento della distribuzione, che è molto importante. Noi abbiamo fondato una casa di distribuzione a Berlino; presentiamo ogni mese eventi in città, e assicuriamo un mercato per i corti.»

Visto che sei stato per anni uno dei direttori del Festival di cortometraggio Pollicino a Catania, cosa ne pensi della produzione di corti in Italia?

«In Italia non c’è una grande quantità di cortometraggi, la qualità è insufficiente. Si trova qualche bel film di certo, ma non c’è paragone con la Francia, la Spagna, la Germania. Lì la situazione è molto migliore, perché c’è una struttura istituzionale che aiuta le produzioni. Anche in questi paesi ci sono difficoltà, ma in Italia proprio non c’è un sistema regolamentato. Alcuni produttori e registi possono trovare soldi per il loro prossimo progetto solo se hanno già vinto qualche premio e il loro film è stato preso da qualche festival. In Spagna, 15 anni fa, la situazione era la stessa, ma poi con l’aiuto dello stato hanno creato una certa cultura del cortometraggio. In Italia non c’è mai stata una grande cultura del cortometraggio.»

Visto che conosci Catania e dintorni, quale è il tuo ricordo più forte della terra siciliana?

«Il cibo, il mercato del pesce che considero uno dei più bei mercati del mondo per il pesce fresco. Ho tanti amici e amo la Sicilia con il suo misto di africani, greci, spagnoli, tedeschi; è una terra ricca di cultura nel passato e nel presente; si vede nell’architettura dei palazzi, si sente nella cucina mediterranea, la sua bellezza traspare nel mare che adoro. E’ sempre un piacere tornare in Sicilia.»

Silvia Ivanova

Silvia Ivanova

Nata a Vidin, Bulgaria, dopo la laurea all’Università di Blagoevgrad, lavora per la Radio Nazionale Bulgara e vari prestigiosi mensili dello stesso Paese come corrispondente dei più grandi Festival del cinema: Cannes, Venezia, Tribeca, Dubai, Cairo, Goa (India), New York, Taormina, Roma. Dal 1986 vive e lavora in Sicilia. L’Icona (Primavera d’Autunno) è il suo debutto come sceneggiatrice, regista e produttrice. Attualmente lavora su tre nuovi progetti, due documentari e un lungometraggio.

Silvia Ivanova was born at Vidin, Bulgaria. After getting the degree at the University of Blagoevgrad (Bulgaria), she has worked for several Bulgarian Medias including the Bulgarian National Radio and Television, Theater and monthly magazines of art and culture. In the last 17 years she has lived and worked in Sicily, Italy, where she has been a member of the Journalist Register of Sicily since 1998. As Journalist she has covered the most prestigious international film festivals, such as Cannes, Venezia, Tribeca, Rome, Dubai, Goa (India), Cairo, Taormina, New York.

The Icon is her debut as a scriptwriter, director and producer. Right now she is working on three new projects, two documentaries and a comedy with elements of fantasy.

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