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Paternò festeggia Santa Barbara V. M.

Mer, Dic 2, 2015

Informazione

Fede e tradizione in un ricco calendario di appuntamenti  culturali

Santa Barbara 2015, da un punto di vista religioso, sarà ricordata nel tempo come la festa che ha introdotto e preparato allo straordinario Giubileo della Misericordia, voluto da Sua Santità Papa Francesco e che ci rende tutti pellegrini in cammino verso un percorso misericordioso a cui tutto il mondo cristiano  è chiamato a dare testimonianza di fede.

E quest’anno la festa, organizzata con la consueta cura e passione dalla Parrocchia Santa Barbara, il Circolo Cittadino di Santa Barbara V. e M., il Comune con l’Assessorato alla Cultura e la Pro Loco di Paternò, accanto al tradizionale programma religioso vede anche un nutrito calendario di appuntamenti  culturali tra cui, il 28 novembre, la I Edizione della “Notte Bianca barbarina”, ovvero un percorso religioso, culturale e antropologico, un pellegrinaggio se vogliamo calarlo nello spirito di quest’anno straordinario di fede e misericordia,  attraverso i luoghi che videro nascere  il culto di santa Barbara  nella storia di Paternò.

Il cammino di fede tocca la chiesa della Gancia, la chiesa della Madonna dell’Itria, gli altarini votivi dedicati alla Martire, la chiesa di San Gaetano dove sono allocate le tradizionali “varette” mentre, presso la chiesa Santa Caterina d’Alessandria si potranno visitare una  mostra iconografica popolare insieme alla mostra fotografica “La festa di Santa Barbara”. E ancora la “Notte Bianca” sarà l’occasione per vivere nella sua pienezza il centro storico con i suoi luoghi di grande valore artistico e culturale, sarà possibile visitare la Galleria d’Arte Moderna presso il palazzo dell’Ex Pretura, in via Roma, e, grande e prestigiosa novità, il Museo interattivo “Terra di acqua e fuoco” presso Palazzo delle Arti, ex Ospedale S.S. Salvatore, e tanto, tanto  altro ancora…

Insomma un itinerario di fede e devozione che per comprendere nella sua pienezza bisogna conoscere la storia della Santa Vergine di Nicomedia, Patrona di Paternò, e di come il Suo culto nei secoli si sia radicato in modo profondo nella vita di intere generazioni di paternesi.
Teatro della patrologia sono stati, e sono, tre luoghi sacri: la chiesetta dell’Itria, la chiesa di Sant’Antonio Abate, e quella di Santa Barbara, tre chiese che racchiudono in sé non solo tutti gli eventi che la storia ci consegna ma anche tutto quel bagaglio di tradizioni che ci è stato trasmesso dalle generazioni passate e che ancora oggi fanno da corollario alla festività. La Chiesa dell’Itria, prima dimora religiosa della Santa, si può considerare il luogo da cui si sviluppa la devozione per la Santa Patrona. Infatti il suo culto si fa risalire ad un evento miracoloso legato ai fatti della peste del 1576:  apparsa in sogno ad una donna la Patrona le chiese di far scavare sotto la Chiesa dell’Itria dove vi erano conservate delle corde da dare alle fiamme. Il desiderio di Santa Barbara venne eseguito e l’8 settembre del 1576, festa della Vergine Bambina, l’immagine di Santa Barbara fu portata in processione insieme alla Gloriosissima Vergine e la peste, all’improvviso, cessò.

Il terribile morbo lega anche la chiesa di Sant’Antonio Abate al culto della Santa, in quanto, dove oggi ha sede l’omonima Chiesa nell’infausto anno 1576 venne aperto uno dei due lazzaretti cittadini dove portare gli ammalati, che, in seguito,  improvvisamente guarirono  grazie all’intercessione della Santa.

D’allora per il culto della Santa Vergine di Nicomedia si volle una sede più idonea e più ampia di quella dell’Itria e, dopo formale richiesta dell’Università di Paternò di trasferire il culto nella chiesa di Santa Maria Maddalena,  nucleo costitutivo portante della chiesa di Santa Barbara (l’attuale ala destra della facciata), nel 1583 vi fu la concessione del tempio e la traslazione del titolo: la vecchia chiesa di Santa Barbara diviene della Madonna dell’Itria mentre la Chiesa della Maddalena diviene la nuova chiesa di Santa Barbara.

Infine il 27 luglio del 1731, le reliquie della Santa vennero definitivamente trasferite, o meglio traslate, dalla Chiesa della Gancia alla cappella di S. Maria Maddalena, ormai tempio di S. Barbara.

Nel corso dei secoli vari tentativi furono fatti perché la chiesa di S. Barbara fosse trasformata in parrocchia, ma ciò fu possibile soltanto nel 1955 quando il vescovo di Catania, mons. Bentivoglio, proclamò l’autonomia della parrocchie e così la chiesa di S. Barbara divenne parrocchia autonoma.

Il giro processionale fa ancora fede dei luoghi dove nacque la devozione a Santa Barbara: il 4 dicembre, giorno della festa, in mattinata, dopo l’uscita dalla Chiesa di Santa Barbara, la Santa giunge alla chiesetta dell’Itria, dove viene celebrata una Santa Messa. Il culto per Santa Barbara è sostenuto da una sequela di rituali che si sono mantenuti inalterati nel tempo come quello legato all’uscita del Fercolo dall’Itria che la volontà popolare vuole che non si avveri dopo le ore 12.00 pena gravi disgrazie per la Città! Questa credenza è stata suffragata dal fatto che una sola volta la Santa ritardò l’uscita e proprio in quell’anno scoppiò la seconda guerra mondiale…

Al termine della celebrazione nella chiesetta la processione riprende per giungere alla Chiesa di Sant’Antonio Abate, dove il fercolo viene ospitato fino al pomeriggio.

 A “Sant’Antonio” una gran folla aspetta il Fercolo della Santa per l’atteso “disparo”, ovvero lo spettacolo pirotecnico più tradizionale della festa.

Dopo il “disparo”, ancora un po’ frastornati dal gran rumore, tutti a casa per il tradizionale “pranzo di Santa Barbara”!

Con il passare degli anni, ai luoghi di culto si sono affiancate una serie di tradizioni religiose, folcloristico-popolari e culturali che costituiscono il fulcro della festa.

La prima che vogliamo ricordare è l’Entrata dei Cantanti. Ripristinata sul finire degli anni ‘90, dopo oltre vent’anni d’oblio, grazie alla volontà dell’indimenticabile insegnante Sara Vittorio, l’entrata dei cantanti è legata alla sera del 3 di dicembre, per ricordare quando le corporazioni dei “Mulinari” e dei “Muratori”, si sfidavano, in piazza Indipendenza, con canti e cori inneggianti alla Santa, raccontando il martirio e la morte della Vergine. Oggi, le corporazioni sono state sostituite dagli studenti della scuola primaria dei quattro circoli didattici e delle scuole parificate della città. L’esibizione comincia alle 21.00 circa, con l’ingresso dei bambini dalle quattro vie laterali a piazza Indipendenza, che portano in mano palme (segno di pace) e candele (segno di luce). Dopo l’entrata tutti i bambini si esibiscono insieme sul palco. Le corali parrocchiali, accompagnate dal corpo bandistico Città di Paternò, con le loro esibizioni fanno rivivere, a loro volta, i “duelli” canori tra le corporazioni dei Mulinari e dei Muratori.

Un secondo appuntamento con la tradizione si rintraccia la sera del 4 dicembre quando il Fercolo della Santa raggiunge il quartiere “Villetta”, dove è accolto da spettacolari giochi pirotecnici offerti proprio dagli abitanti del quartiere. L’aspetto più caratteristico dell’entrata alla “Villetta” è comunque, quello con l’inchino e la “ballata”, dei portatori di cerei che precedono la vara della Santa: come da tradizione uno dei portatori dei cerei, mentre la “varetta” danza davanti a un quadro appeso al muro, che ritrae l’immagine della Vergine, prende con la bocca un garofano infilato attorno al quadro e conclude l’esibizione inginocchiandosi, fino quasi a toccare il quadro, tra l’applauso generale della folla che assiste curiosa all’esibizione.

Altra tradizione, questa culturale, è legata all’esibizione dei corpi bandistici, nelle sere della festa, in piazza Indipendenza. Un appuntamento che affonda le sue radici in un lontano passato, che negli anni ha ospitato musicisti di grande spessore, attirando centinaia di appassionati di musica classica.

Resiste nel tempo la tradizione di onorare il 28 di ogni mese, u’ vintottu ‘i Santa Barbara, gli storici “altarini” di Santa Barbara, fatti erigere nel 1908 quando la città scampò al terremoto che distrusse Messina e i  paternesi, in segno di devozione, vollero ringraziare in tal modo  la loro Santa Protettrice. 
In questo, seppur sintetico viaggio alla scoperta delle tradizioni della Santa Patrona, non può mancare un accenno a quello che, forse, è l’aspetto più folcloristico-popolare legato alla festa: i cerei, simbolo della devozione dei fedeli.
I cerei, nel dialetto paternese “varette”, rappresentano le offerte della cera dei ceti sociali alla Patrona. Come da tradizione precedono il fercolo della Santa, annunciandone l’arrivo. Paternò ha nove cerei, portati ognuno da otto portatori. In passato rappresentavano i carrettieri, i contadini, i mezzadri, i mugnai, gli operai, gli ortolani, gli osti, i fornai, i pescatori; e oggi anche i commercianti. La giornata dedicata ai Cerei si svolge il 2 dicembre.

Molte le tradizioni “barbarine” che negli anni sono andate perse, una tra tutte ricordiamo quella del Palio di Santa Barbara, quando il pomeriggio del 4 dicembre cavalli e fantini attraversavano tra il giubilo dei paternesi la via Vittorio Emanuele, la strada “ritta”, fino ad arrivare alla “Stazione”.

La manifestazione fu abolita agli inizi degli anni ‘60 a seguito di un incidente e non fu mai più ripresa. Oggi la competizione equestre è egregiamente sostituita da varie iniziative sportive che nel corso degli anni hanno assunto il carattere di vere e proprie tradizioni.

Ormai un cimelio del passato si può considerare anche la Carrozza del Senato, di cui rimane soltanto la base in ferro custodita in un deposito comunale  a testimonianza di una tradizione antica, come quella di Catania, di cui a Paternò però si sono perse le tracce già subito dopo la prima guerra mondiale. Tra le usanze popolare, la cosiddetta civiltà dei consumi ha letteralmente annullato alcune tradizioni popolari che rendevano tanto attesa la festa e ne hanno cancellato quel substrato sensoriale fatto di colori, odori, e sapori che rendono la banca della memoria di ognuno carica di ricordi incancellabili: parliamo dei variopinti colori delle coperte “buone” del corredo stese ai balconi delle case, dell’odore inconfondibile del torrone fatto in casa così come quello dei sughi che condivano la pasta “casareccia” del pranzo di Santa Barbara…

E che dire dell’usanza di indossare abiti nuovi per la festa? Tutte tradizioni che oggi fanno sorridere i più giovani, certo, ma che nel ricordo di chi ha qualche capello bianco contribuiscono a rendere, ancora oggi, la festa di Santa Barbara, la Festa per eccellenza, la Festa religiosa più importante per la città di Paternò, una festa tanto attesa proprio per esprimere la propria devozione alla Santa nell’osservanza di grandi e piccoli rituali che quest’anno, grazie all’iniziativa “Notte Bianca barbarina”, sarà possibile rivivere o far conoscere ai più giovani.

Agata Rizzo

Agata Rizzo

Insegnante di scuola dell’infanzia nel IV Circolo Didattico “Michelangelo Virgillito” di Paternò, II Collaboratore del Dirigente Scolastico e Responsabile della Scuola dell’infanzia.
Referente del progetto Pari Opportunità “Bambine e bambini, uguali…ma diversi”, da 10 anni coordina il giornalino scolastico “La Gazzetta RosAzzurra” sul tema delle pari opportunità e della genitorialità, diretto alle famiglie degli alunni. Negli anni ha collaborato con riviste del panorama pedagogico nazionale quali “Scuola Materna”-Ed. LA SCUOLA- e “Infanzia”-Alberto Perdisa Editore.
Nel 2006 è risultata II finalista con il progetto sulle Pari Opportunità “Bambine e bambini, uguali…ma diversi” al I Premio “Piccolo Plauto”, edito dalla Rivista Infanzia e dall’Università di Scienze dell’Educazione di Bologna.

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